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Omesso mantenimento alla moglie: nessun reato se mancano le risorse economiche

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Con la pronuncia n. 28774 dello scorso 16 ottobre, la VI sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato la condanna per il reato di cui all'art. 570 c.p. inflitta ad un marito che si era sottratto all'obbligo di mantenimento dell'ex moglie, in quanto il giudice di merito non aveva valutato, ai fini della sussistenza del reato, l'incidenza della successiva revoca dell'assegno di mantenimento stabilito con l'ordinanza presidenziale, essendo detta revoca stata disposta proprio per la mancanza di risorse economiche con cui l'imputato avrebbe potuto far fronte agli obblighi di mantenimento.

La Corte ha quindi precisato che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 570 c.p., comma 1, in caso di omesso versamento dell'assegno di mantenimento fissato dal giudice della separazione in favore del coniuge, il giudice non deve accertare l'esistenza di uno stato di bisogno dell'avente diritto o di una situazione di impossidenza dell'altro coniuge, ma deve verificare se tale inadempimento esprima la volontà del soggetto obbligato di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e non esprima, invece, una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto anche in costanza di matrimonio.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, incolpato del reato di cui all'art. 570 c.p. per aver fatto mancare all'ex moglie i mezzi di sussistenza, omettendo di corrisponderle talune mensilità dell'assegno fissato con provvedimento presidenziale in sede civile.

Per tali fatti, sia il Tribunale di Avezzano che la Corte di Appello dell'Aquila condannavano l'uomo alla pena di giustizia. 

Secondo i giudici, infatti, la condotta di omesso versamento di alcune mensilità dell'assegno fissato con provvedimento presidenziale in sede civile costituiva violazione dell'obbligo di assistenza, rilevante agli effetti dell'art. 570 c.p., comma 1; a tal riguardo i giudici consideravano del tutto irrilevante la circostanza per cui lo stesso Tribunale aveva successivamente revocato l'obbligo di mantenimento in favore dell'ex-coniuge, nel presupposto che non residuasse una capacità contributiva ulteriore dell'imputato.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata perché inficiata da plurimi vizi di violazione di legge e motivazionali, denunciando, in particolare, vizio di motivazione in relazione all'attribuibilità della condotta e alla sussistenza dell'elemento sia oggettivo che soggettivo del reato.

A tal fine deduceva che il reato, in relazione al mancato versamento dell'assegno fissato dal Presidente del Tribunale in sede civile, avrebbe potuto ravvisarsi solo ove si fosse accertato che il fatto era il segno della volontà del soggetto di disconoscere i doveri di assistenza e non la conseguenza di precarie condizioni economiche.

Sul punto la difesa dell'uomo specificava che non era stato considerato il dato probatorio costituito dalla sentenza pronunciata in sede di separazione, con la quale era stato revocato l'assegno di mantenimento in favore dell'ex-coniuge, sul presupposto che non residuasse una capacità contributiva ulteriore dell'imputato.

In relazione al piano soggettivo, l'ex marito si doleva per non aver la Corte verificato la sua deliberata intenzione di venir meno agli obblighi, a fronte delle addotte precarie condizioni economiche e della necessità di avvalersi dell'aiuto dei familiari per far fronte agli obblighi verso il minore. 

 La Cassazione condivide le tesi difensive del ricorrente.

La Corte specifica che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 570 c.p., comma 1, in caso di omesso versamento dell'assegno di mantenimento fissato dal giudice della separazione in favore del coniuge, il giudice non deve accertare l'esistenza di uno stato di bisogno dell'avente diritto o di una situazione di impossidenza dell'altro coniuge, ma deve verificare se tale inadempimento esprima la volontà del soggetto obbligato di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e non esprima, invece, una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto anche in costanza di matrimonio.

Ne deriva che, in assenza di un vero stato di bisogno dell'avente diritto, l'omesso versamento dell'assegno può rientrare nella violazione dell'obbligo di assistenza, contemplato dall'art. 570 c.p., comma 1, solo laddove la condotta si ponga in conflitto con il riconoscimento di quell'obbligo e non sia invece ascrivibile a precarie condizioni economiche.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come Corte di merito abbia del tutto omesso di prendere in considerazione il tenore della sentenza di separazione pronunciata dal Tribunale, con la quale era stato revocato l'obbligo di mantenimento in favore dell'ex-coniuge a carico dell'imputato, nel presupposto che non residuasse una sua capacità contributiva ulteriore.

Secondo gli Ermellini, infatti, tale pronuncia doveva essere sottoposta a rigoroso vaglio, trattandosi di elemento idoneo a fotografare la configurabilità di un obbligo di assistenza e la volontà di non volervi adempiere.

Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

 

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