"Noi avvocati come i pescatori, aspettiamo ore su ore, ma un biglietto tipo macellaio potrebbero metterlo. Ecco la fenomenologia di un tempo mai perso"

 Attese. Attese e ancora attese. Di tanto tempo perso (?) è fatto il nostro mestiere. Parlo di quello che spendiamo nei corridoi dei palazzi di Giustizia quando attendiamo il nostro turno.

Lo scenario è classico.
Decine di avvocati che attendono.
In questi casi mi piace osservare.
C'è quello che sbraita al telefono, quello che passeggia in continuazione, e quello che fa salotto con tutti i colleghi possibili ed immaginabili.
C'è chi sta in silenzio, attende, senza agitarsi. Magari legge il giornale, o una rivista.
In ogni caso è tranquillo, non si scompone.
Sa che deve aspettare e quindi non spreca energie inutili.
Magari si è alzato all'alba perchè arriva da fuori foro.

E' sicuramente stanco, più stanco della media dei colleghi che gli ronzano intorno ma che lui sembra non vedere. 

Sa che deve attendere il suo turno.
Non spreca fiato.
Neanche per sbuffare o per dire parole.
Inutili.
Del tipo:potrebbero mettere i biglietti, come dal macellaio, o per quale motivo ci fissano le udienze tutte alla stessa ora se tanto sanno che ciò non è possibile ?
Aspetta.
Sa che – prima o poi – quella porta si aprirà e qualcuno chiamerà il nome del suo cliente.
Sarà il suo turno.
Magari qualcuno dei colleghi del posto gli cederà il posto. Per cavalleria. Per colleganza.
Farà un sorriso. E' un uomo elegante che ringrazia con semplicità.
E intanto ha dimostrato un grande senso dell'attesa. Come un pescatore.
Sapeva che anche quel tempo lì – quello perso nei corridoi, appoggiato al muro, o seduto su una sedia scucita – non è tempo sprecato.
Fa parte anch'esso del nostro mestiere.

Per esempio. Ad un certo punto lo vedi alzarsi e attaccare discorso con un altro collega del posto. Dopo un po' noti che quel collega gli ha portato un fascicolo e gli ha chiesto di sostituirlo qualche mattina più avanti nel foro della città da cui proviene l'avvocato paziente. 

Ha impiegato il tempo allargando la sua mente per stringere una nuova conoscenza ma anche per ampliare la schiera dei suoi corrispondenti.
Non avrebbe potuto farlo da studio.
Il tempo è prezioso, è vero. E' forse una delle ricchezze più ricercate che abbiamo a disposizione. Non mi faccia perdere del tempo. Il tempo è denaro. Ma l'avvocato deve convivere con il tempo che passa sapendolo mettere a frutto.
Quando vedete avvocati che non scalpitano fuori dai corridoi, cercate di farveli amici.
Quelli sono colleghi intelligenti.
Il mio maestro diceva sempre che non bisogna mai spazientirsi perchè anche l'attesa fa parte del nostro mestiere.
E' da come aspetti che vedi se un avvocato ha esperienza. Da come si atteggia in quei ritagli di tempo che tutti dicono inutili. Non lo sono mai. L'avvocato è come il pescatore. Deve aspettare senza strepito.
In silenzio. I clienti non sono avvezzi ma noi si. Le aule di giustizia sono come gli ospedali.
Se il giudice non ti riceve subito, non c'è da prendersela. Sta affrontando un'altra questione altrettanto o più importante della tua.
Secondo voi, un giudice è più contento quando ha a che fare con un avvocato sereno e pacato, oppure con qualcuno che entra già incazzato perchè ha dovuto fare anticamera ?
Secondo voi, un avvocato che sa aspettare per ore, quando si siede con un sorriso davanti al giudice reo di averlo lasciato in salamoia per tutto quel tempo, è più debole o più forte di quello che ci arriva con un cipiglio aggrottato ?
Secondo voi, in fondo all'anima di quel giudice che nel frattempo magari ha dovuto sbrogliare un nodo gordiano, non si leverà una vocina che gli dirà – per quanto sottile – attenzione, questo è più duro di te ?
Noi non facciamo mai anticamera, sia chiaro, anche quando ci fanno aspettare. Noi siamo al servizio di qualcosa di più grande di noi. Che non è la Giustizia.
Sono i nostri clienti. Anche quando non ci pagano.
Ma questa è un'altra storia.