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Con la sentenza n. 124 dello scorso 22 gennaio, la III sezione del Tar Puglia, ha confermato la legittimità di un provvedimento con cui, nell'ambito di un piano di lottizzazione, veniva richiesto il versamento del contributo di costruzione previsto dall'art. 16 del D.p.r. 380/2001 per la realizzazione di negozi di vicinato, scuola materna ed asili nido.
Il Collegio ha specificato che "non vi è ragione di ritenere che la realizzazione di un esercizio di vicinato debba essere equiparata ad un'opera di interesse, perché di essa il privato costruttore si avvantaggia in via esclusiva, ben potendo collocare la medesima nel mercato delle libere contrattazioni tra privati".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, una ditta costruttrice otteneva l'approvazione di un piano di lottizzazione per l'urbanizzazione di servizi e residenza, condizionata alla cessione gratuita, da parte degli stessi lottizzanti, di aree per la realizzazione di servizi di interesse comune o, in alternativa, alla formulazione di una proposta progettuale gradita dall'amministrazione, finalizzata alla realizzazione ed esercizio in concessione, di un intervento pubblico a servizi di interesse comune.
Deliberata l'approvazione definitiva del piano di lottizzazione, recante la proposta dei costruttori di realizzare negozi di vicinato e scuola materna ed asili nido, per una superficie di 9732 mq., il comune, per rilasciare il titolo abilitativo alla edificazione delle strutture in parola, chiedeva il versamento del contributo di costruzione previsto dall'art. 16 del D.p.r. 380/2001.
Ricorrendo al Tar, il costruttore contestava la legittimità di questa nota, ritenendo di non dover pagare alcun contributo di costruzione, in applicazione dell'art. 17, comma 3 del d.p.r. 380/2001, che stabilisce l'esonero dal contributo di costruzione in caso di realizzazione di opere di interesse collettivo.
Secondo il ricorrente, infatti, l'opera da realizzarsi aveva natura di opera di interesse collettivo, con la conseguenza che alcun contributo di costruzione era dovuto.
Il Tar conferma la legittimità del provvedimento impugnato.
Il Collegio Amministrativo puntualizza che l'art. 4 del d.lgs. 114 del 1998, nel definire gli esercizi di vicinato come "quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti", non qualifica direttamente la categoria di appartenenza dell'esercizio di vicinato ma si tratta senza dubbio di superficie destinata all'esercizio del commercio, e non già di una struttura di interesse collettivo.
Ne deriva la piena applicazione dell'art. 19, comma 2 del d.p.r. 380/2001, nella parte in cui prevede che "il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all'incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi dell'art. 16, nonché una quota non superiore al 10% del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale".
Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio evidenzia come la corretta qualificazione dei quattro esercizi di vicinato non è certo quella di opere di interesse collettivo, trattandosi di esercizi commerciali dalla cui realizzazione il ricorrente può trarne un indubbio vantaggio economico che non può essere scaricato sulla collettività sotto il profilo dell'impatto urbanistico che ne deriva.
Conseguentemente, la richiesta di pagamento del contributo di costruzione da parte del comune è legittima.
Alla luce di tanto, il Tar respinge il ricorso con compensazione delle spese.
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