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Con la sentenza n. 101/2019, la Corte di Appello di Ancona, pronunciandosi sulla domanda avanzata dai genitori di un neonato deceduto poco dopo la nascita, ha indicato quali sono i criteri che devono orientare il giudice nella liquidazione del danno patito dai genitori, iure proprio, a titolo di sofferenza soggettiva per la morte del loro figlio, precisando che "il danno da sofferenza soggettiva dei congiunti più prossimi va presunto e liquidato in via equitativa all'interno della forbice degli importi minimi e massimi previsti dalle Tabelle milanesi; per determinare l'importo dovuto tra il minimo e il massimo si deve tenere conto soprattutto dei seguenti criteri: intensità del rapporto affettivo tra vittima e superstite; età della vittima; età del superstite; convivenza o meno con la vittima; composizione del nucleo familiare".
Nel caso sottoposto alla sua attenzione, la Corte di Ancona ha analizzato la responsabilità di una struttura sanitaria per il decesso di un neonato causato, oltre che da eventi naturali, dalla inadeguata condotta tenuta dai sanitari dell'Ospedale i quali non avevano adottato gli accorgimenti idonei a superare la grave insufficienza respiratoria di cui il neonato era affetto, limitandosi a curarlo con antibiotici ed una cannula mal posizionata.
Il Tribunale, accertata la responsabilità dei sanitari, condannava la struttura ospedaliera convenuta al risarcimento del danno da sofferenza soggettiva iure proprio patito da ciascun genitore che, valutata la situazione concreta, veniva liquidato, in base alle tabelle di Milano, in euro 190.000,00 a favore della madre ed in euro 175.000,00 a favore del padre; di contro veniva escluso il riconoscimento sia della voce di danno da sofferenza soggettiva subita dalla vittima (non ricollegabile alla accertata responsabilità dei sanitari) sia del danno biologico iure proprio, in mancanza di allegazione e prova sul punto.
I genitori, proponendo appello, eccepivano l'errata quantificazione del danno riconosciuto loro: in relazione al danno liquidato per la sofferenza soggettiva iure proprio patito, gli appellanti si dolevano perché il Tribunale aveva parametrato siffatto danno considerando i valori più bassi della forbice delle tabelle milanesi, in ragione delle poche ore di vita del bambino e della correlativa brevità di tempo per la consolidazione del rapporto affettivo; in merito all'esclusione del risarcimento del danno iure hereditatis per la sofferenza subita dal neonato, i genitori giustificavano siffatta pretesa deducendo che i sanitari non avevano adottato gli accorgimenti idonei ad alleviare le sofferenze del piccolo, come – ad esempio – condurlo presso altra struttura ospedaliera competente; da ultimo, si dolevano per il mancato riconoscimento del risarcimento del danno da perdita della vita.
La Corte di Appello di Ancona respinge l'appello, ritenendolo infondato nel merito.
Con specifico riferimento al danno liquidato per la sofferenza soggettiva iure proprio patito, la sentenza in commento precisa che il danno da sofferenza soggettiva dei congiunti più prossimi va presunto e liquidato in via equitativa all'interno della forbice degli importi minimi e massimi previsti dalle Tabelle milanesi; per determinare l'importo dovuto tra il minimo e il massimo si deve tenere conto soprattutto dei seguenti criteri: intensità del rapporto affettivo tra vittima e superstite; età della vittima; età del superstite; convivenza o meno con la vittima; composizione del nucleo familiare.
In relazione al caso di specie, il giudice di primo grado, nel valutare l'importo da liquidare, ha correttamente applicato tutti i criteri, debitamente considerando gli aspetti rilevanti e significativi ai fini della liquidazione del danno: in particolare, la brevità della vita del neonato, la mancanza obiettiva del tempo per la consolidazione di un rapporto affettivo e la giovane età dei genitori sono stati gli elementi che hanno condotto il giudicante ad orientarsi verso il lato basso della forbice dei valori di tabella; sotto altro aspetto, sono stati attentamente valutati anche l'infrequenza di complicanze del parto e la mancanza all'epoca di altri figli (circostanze tali da far presumere una maggiore intensità delle sofferenze patite), al fine di compensare gli indici orientativi sopra evidenziati ed aumentare il risarcimento. Con specifico riferimento alla posizione della mamma, il Giudice ha anche valorizzato la circostanza che, per i nove mesi della gravidanza, la stessa aveva avuto in grembo il piccolo, con conseguente riconoscimento alla medesima di un importo maggiore rispetto a quello liquidato al padre del bambino.
In relazione al risarcimento del danno iure hereditatis, relativo alla sofferenza patita dal neonato, i giudici di secondo grado ritengono che giustamente è stata esclusa tale posta di danno, non già perché il neonato fosse incapace di provare sofferenza ma perché, dalle consulenze espletate, era stata accertata a carico dei sanitari la sola responsabilità della mancata adozione di accorgimenti idonei a tenere in vita il neonato (all'interno dei quali rientrava anche il trasferimento del neonato ad altra struttura competente) e non anche la responsabilità della mancata adozione di accorgimenti idonei ad alleviare le sofferenze preesistenti.
Infine, la Corte esclude anche il risarcimento del danno da perdita della vita del neonato posto che, per pacifica e recente giurisprudenza, nel caso di morte immediata o che segua entro un brevissimo lasso di tempo alle lesioni, non può essere invocato un diritto al risarcimento del danno iure hereditatis, in mancanza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica il danno, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito.
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