Se questo sito ti piace, puoi dircelo così
Con l'ordinanza n. 1562 depositata lo scorso 23 gennaio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a esaminare la congruità dell'importo dovuto da un padre divorziato per il mantenimento per il figlio, ha escluso che, nella sua valutazione, il giudice del merito fosse vincolato dalle statuizioni del giudizio di separazione o da un criterio di adeguamento automatico dipendente dall'età e dal miglioramento delle condizioni economiche dei genitori, dovendo aver riguardo esclusivamente delle effettive e attuali esigenze del figlio.
Si è difatti precisato che a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo per quanto possibile a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l'art. 147 c.c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Catania, nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio di una coppia di coniugi, sanciva l'obbligo per un padre separato di mantenere il figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente e convivente con la madre, versandogli un assegno di mantenimento pari a 900 Euro mensili, oltre al 70% delle spese straordinarie.
La Corte di Appello di Catania, accogliendo parzialmente il gravame della mamma e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aumentava l'importo dell'assegno in favore del figlio, fissandolo in euro 1.100 oltre al 70% delle spese straordinarie.
A tale statuizione la Corte perveniva a seguito di una valutazione ponderata dei redditi degli ex coniugi, del loro presumibile tenore di vita, delle accresciute esigenze di vita del figlio e dei prevalenti tempi di permanenza del minore presso la madre.
Ricorrendo in Cassazione, la mamma censurava la decisione della Corte distrettuale per violazione o falsa applicazione degli artt. 155 e 337 ter c.c. nonché dell'art. 111 Cost., comma 6, per essere l'importo determinato nel provvedimento impugnato inferiore a quello determinato in sede di giudizio di modifica delle condizioni della separazione, allorquando l'assegno dovuto dal padre era pari a Euro 1.200 mensili.
La Cassazione non condivide la censura formulata dalla ricorrente.
In punto di diritto, i Supremi Giudici ricordano che a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo per quanto possibile a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l'art. 147 c.c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale.
Ne deriva che nella sua valutazione il giudice del merito non può ritenersi vincolato dalle statuizioni del giudizio di separazione né da un criterio di adeguamento automatico dipendente dall'età e dal miglioramento delle condizioni economiche dei genitori, dovendo aver riguardo esclusivamente delle effettive e attuali esigenze del figlio.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la fissazione dell'assegno destinato al mantenimento del figlio, operata dal giudice della cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stata parametrata – pur tenendo in considerazione la mutata condizione economica dei coniugi – sulle effettive e attuali esigenze del figlio, ivi comprese quelle inerenti lo sport, l'educazione e lo svago.
Alla luce di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello relativo al ricorso principale.
Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.
Il mio nome è Rosalia Ruggieri, sono una persona sensibile e generosa, sempre pronta ad aiutare chi ne ha bisogno: entro subito in empatia con gli altri, per indole sono portata più ad ascoltare che a parlare, riservatezza e discrezione sono aspetti caratteristici del mio carattere. Molto caparbia e determinata, miro alla perfezione in tutto quello che faccio.
Adoro il mare, fare lunghe passeggiate all'aria aperta, trascorrere il tempo libero con la mia famiglia. Sono donatrice di sangue e socia volontaria di una associazione che tutela i cittadini; credo e combatto per la legalità.
Nel 2010 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Bari; nel 2012 ho conseguito sia il Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali presso l'Ateneo Barese che il Diploma di Master di II livello in "European Security and geopolitics, judiciary" presso la Lubelska Szkola Wyzsza W Rykach in Polonia.
Esercito la professione forense nel Foro di Bari, occupandomi prevalentemente di diritto civile ( responsabilità contrattuale e extracontrattuale, responsabilità professionale e diritto dei consumatori); fornisco consulenza specialistica anche in materia penale, con applicazione nelle strategie difensive della formula BARD.