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Le catastrofi annunciate

rizzo

 I recenti cataclismi, che hanno messo in ginocchio l'Italia, nell'arco di poche ore, si inseriscono, sciaguratamente, e purtroppo, in quella cultura di eterna emergenza in cui, da secoli, vivacchia il nostro Paese.

I danni umani, idrogeologici, ambientali, economici hanno coinvolto tutti i settori produttivi. E gli effetti sono veramente devastanti, come cominciano a testimoniare i resoconti provvisori con la conta dei morti, dei dispersi, dei danni irreversibili prodotti alla Natura.

Dal Nord al Centro al Sud del Paese.

Il settore del turismo, nel campo sciistico, sicuramente messo in ginocchio nell'imminenza della stagione, ha fatto registrare danni incalcolabili, devastando seggiovie, piste, strade di accesso alle località di grande richiamo in questo settore.

Le Dolomite, soprattutto, ma non solo, hanno subito i danni maggiori.

Roberto Denicolò, tecnico responsabile che sta cercando di riattivare una funivia delle Dolomite così ha riassunto la situazione, dichiarando ad un quotidiano: <<L'uragano ha scavato voragini di cinque metri. La rete delle tubazioni per la neve artificiale è ostruita, o è stata trascinata via. A un mese dal via della stagione turistica invernale per noi è una catastrofe>>.

E non solo per gli impianti sciistici.

 E' sufficiente pensare al grande indotto economico legato a questo settore: alberghi, ristoranti, settori della ristorazione, migliaia di artigiani, personale che di questi lavori stagionali ha sempre tratto buona parte del proprio reddito.

Piange il cuore nel vedere immagini, trasmesse dalle televisioni, o leggere articoli di giornali e riviste, che testimoniano la completa distruzione di immense foreste, la morìa di animali protetti, la caduta degli alberi come candele consumate, come se non avessero radici, la violenza delle acque che ha invaso i percorsi costruiti dall'uomo nel tempo.

Per molti anni ho frequentato Treschè Conca, sull'Altopiano di Asiago. Un Altopiano carico di vicende storiche, essendo stato teatro, dal 1915 al 1918, della Prima guerra mondiale e che ha visto combattere il fior fiore della gioventù e causando 20 milioni di morti.

Oggi, in un momento non facile per il nostro Paese, si lamenta la presenza degli uomini di cultura capaci di dare alle parole un senso e che lascino intravvedere scenari più vicini alla realtà.

Proprio sull'Altopiano, durante quella guerra troviamo moltissimi uomini di cultura, provenienti anche da altri Paesi e da altri Continenti. E non tutti fecero ritorno.

"Tra i vari combattenti impegnati in zona, numerosi scrittori tra cui Carlo Emilio Gadda, Paolo Monelli, Emilio Lussu, Carlo e Giani Stuparich, Fritz Weber, Hugo von Hofmannsthal, Mario Puccini, Attilio Frescura, Arnaldo Fraccaroli, Norman Gladden, Giuseppe De Mori, Robert Musil e Nobel per la letteratura come Ernest Hemingway, Rudyard Kipling, oltre a una delle più note autrici inglesi, Vera Brittain, e altri autori ancora, che hanno raccontato negli anni a venire il loro vissuto, in maniera diretta o meno durante la grande guerra sull'Altopiano di Asiago. Lo stesso Franz Kafka nei suoi Diari racconta di una battaglia avvenuta sull'Altipiano".

 La diga del Vajont era stata costruita "… nonostante il disastro fosse prevedibile, a causa di interessi privati, la gigantesca diga era stata costruita ed utilizzata in un territorio ad altissimo rischio di frane e fenomeni sismici". Anziché intervenire subito si è attesa la tragedia.

Dino Buzzati, con una metafora, appropriata quanto drammatica, spiegò cosa fosse successo: "Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi».

A Seveso nessuno era al corrente di che cosa si producesse nell'azienda ICMESA di Meda. A tragedia avvenuta si cominciò a parlate di diossina, TCDD, una sostanza chimica fra le più tossiche esistente al mondo. Un saggio illuminante su ciò che successe a Seveso nel 1976, si può leggere ne "Il cerchio da chiudere", di Barry Commoner, edizione Garzanti e nello stesso libro, al capitolo "La crisi ambientale" suggerisce il ripristino della "Settimana della Terra", altra epoca, organizzata negli Stati Uniti, che potrebbe rappresentare: "Un risveglio indubbiamente improvviso e rumoroso che vede i bambini delle scuole raccogliere spazzatura, gli studenti dei 'college' organizzare imponenti manifestazioni, cittadini prender possesso delle carreggiate stradali, liberandole anche se per un giorno soltanto, dalla schiavitù dell'automobile".

Il Ponte Morandi di Genova è ancora sotto gli occhi di ogni persona sensibile e i balletti scenati dalla politica sono ancora in itinere per capire cosa succederà, oltre le solite e perenne promesse dei politici.

 

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