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La procreazione medicalmente assistita

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​La tecnica della procreazione medicalmente assistita nel nostro ordinamento è vietata dall' art. 12 del comma 6 della Legge 40/2004trova comunque trova implicazioni fattuali e giuridiche all'interno di esso alla luce del sempre più ampio ricorso a tale tecnica nei Paesi stranieri ove tale tecnica è consentita.

Ai fini della corretta individuazione delle problematiche giuridiche connesse alla maternità surrogata occorre innanzitutto fornirne un'esatta definizione. La maternità surrogata è una particolare tecnica di procreazione medicalmente assistita a strumento della quale una donna, terza rispetto alla coppia committente che si impegna ad assumere la responsabilità genitoriale del nato, si obbliga, gratuitamente o verso corrispettivo, a mettere a disposizione il proprio utero al fine di condurre una gravidanza ed a consegnare, all'esito di questa, il nato.

All'interno dell'ampio genus della maternità surrogata si deve poi distinguere tra, maternità surrogata per concepimento e gestazione, species caratterizzata dalla circostanza che la gestante mette a disposizione dei commettenti non solo il proprio utero ma anche il proprio gamete, con la conseguenza che tale tipo di maternità sarà sempre e giocoforza eterologa parziale o totale e dunque la figura della madre biologica coinciderà sempre con quella genetica ma sarà sempre diversa da quella sociale e maternità per sola gestazione, in cui la gestante mette a disposizione dei committenti il solo utero.

La maternità surrogata per sola gestazione potrebbe assumere sia i caratteri di una maternità surrogata omologa all'interno della quale la madre sociale e la madre genetica convergono in un'unica figura differente da quella della madre biologica mentre padre genetico e committente saranno i medesimi; sia i caratteri di una maternità surrogata eterologa: parziale, nell'ipotesi in cui uno dei due gameti necessari alla formazione dell'embrione da impiantare nell'utero della madre uterina provenga dalla coppia committente e l'altro da un donatore terzo sia alla coppia committente che alla madre surrogata, con la conseguenza che, se il gamete del donatore è quello maschile.

Oppure, totale strictu sensu, ipotesi questa in cui entrambi i gameti necessari alla formazione dell'embrione da impiantare nell'utero della surrogata sono estranei sia alla coppia committente sia alla madre uterina e dunque madre genetica, madre biologica, madre sociale, padre sociale e padre genetico saranno tutte figure differenti tra loro.

Dubbia risulta essere, innanzitutto, la sua natura giuridica, sostenendo, giurisprudenza ormai risalente, che elemento di discremen ai fini della qualifica dell'accordo di maternità surrogata come contratto o negozio giuridico sia quello della onerosità della prestazione, dovendosi qualificare tale accordo come contratto qualora per la gestazione e la consegna del nato sia previsto un corrispettivo, come negozio giuridico quando tale prestazione sia eseguita gratuitamente.

Parte della giurisprudenza nega qualsiasi rilevanza giuridica alla maternità surrogata. Secondo tale impostazione un accordo di tal fatta, oltre ad essere contrario agli articoli 1418, comma 2 e 1346 c.c., per mancanza nell'oggetto dei requisiti di possibilità e liceità.

la Legge 40 appare ad oggi praticamente incapace di far fronte alle complesse esigenze di un fenomeno nella nostra società in forte espansione, come quello della procreazione medicalmente assistita. Peraltro, i vari interventi della giurisprudenza costituzionale, succedutisi nel tempo, hanno drasticamente ridotto la forza normativa del suo apparato originario rendendo la stessa legge scarna ed incompleta e lasciando aperta la strada a potenziali vulnus nella tutela di situazioni giuridiche fondamentali, ex multis quella dell'identità della persona umana.

Il legislatore, rendendosi adempiente rispetto alla potestà che gli è propria, è chiamato a rivisitare oggi alla luce degli indirizzi europei, la disciplina della fecondazione, rendendola applicabile ai casi concreti attuali.

 

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