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La comunione e i compartecipanti: regole, diritti e doveri

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Inquadramento normativo: Artt. 1100-1116 c.c.

La comunione: Si ha la comunione quando più persone sono titolari di un diritto di proprietà o di altro diritto reale su un determinato bene.

Costituzione: La comunione può essere costituta:

  • per accordo tra due o più soggetti (comunione volontaria);
  • per un fatto o atto non imputabile a coloro che successivamente diventeranno partecipanti alla comunione (comunione incidentale). Ad esempio la morte di un soggetto e l'esistenza di più eredi: in questo caso, dei beni del defunto ciascun erede ne diventerà comproprietario unitamente agli altri, ove non diversamente disposto;
  • per l'esercizio di un diritto disciplinato dalla legge (comunione forzosa). Si pensi ad esempio al proprietario del fondo contiguo che può chiedere che il muro posto sul confine, di proprietà esclusiva del vicino, venga reso comune.

Quote dei partecipanti: I diritti che ciascun partecipante vanta sul bene in comune sono proporzionati alle rispettive quote. Le quote dei partecipanti si presumono uguali e possono essere cedute ad altri.

Uso della cosa comune: I partecipanti alla comunione possono usare la cosa comune a due condizioni:

  • il predeto uso non deve condurre ad una alterazione della destinazione della cosa comune;
  • l'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante non deve impedire agli altri di servirsene in egual misura.

Casistica: Ad esempio è stato ritenuta vietata l'occupazione di una porzione di una strada in comunione da parte di uno dei compartecipanti a causa della realizzazione di innovazioni nel proprio esclusivo interesse e non funzionali alla destinazione comune. Infatti, un'innovazione di tal genere è di ostacolo al libero godimento del bene comune da parte di tutti i compartecipanti in quanto fa attrarre tale bene comune nella disponibilità esclusiva di uno dei comproprietari, ossia di colui che ha dato vita a tale innovazione. In questi casi, l'innovazione è idonea ad escludere gli altri dal possesso della cosa comune (Cass. 11199/2012,Tribunale Nola, sentenza 17/04/2018). 

Spese per la conservazione e il godimento della cosa comune: Con riferimento a tali spese, ciascun comproprietario partecipa in proporzione alla quota di propria spettanza. Queste spese rientrano negli atti di ordinaria amministrazione e sono deliberate a maggioranza dei partecipanti; maggioranza, questa, calcolata proprio in base al valore delle rispettive quote di questi ultimi. Qualora non sono compiuti gli atti per l'ordinaria amministrazione della cosa comune o la maggioranza non si forma, ciascun partecipante può rivolgersi all'autorità giudiziaria, la quale può decidere di nominare un amministratore.

Spese per apportare innovazioni alla cosa comune: Se i partecipanti alla comunione intendono apportare dei miglioramenti alla cosa comune per rendere più redditizio il relativo godimento, tali miglioramenti devono essere approvati da una maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune. Stessa maggioranza è richiesta per gli atti di straordinaria amministrazione. Sia nel caso di miglioramenti che nel caso di atti di straordinaria amministrazione, non deve derivare alcun pregiudizio per il godimento di ciascuno dei partecipanti e non devono in capo a questi gravare spese eccessivamente onerose.

Focus: Il partecipante che ha sostenuto le spese per la conservazione del bene comune, a fronte della trascuranza degli altri partecipanti, ha diritto al relativo rimborso.Questo è possibile perché nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione [...] (Cass. n. 9280/2018). 

Minoranza dissenziente: I compartecipanti che non sono d'accordo con le deliberazioni adottate a maggioranza possono impugnare tali deliberazioni dinanzi all'autorità giudiziaria nei seguenti casi:

  • se si tratta di deliberazione pregiudizievole per il bene comune;
  • se i compartecipanti non sono stati preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione;
  • se, nel caso di innovazioni e atti di straordinaria amministrazione, non sia stata rispettata la maggioranza richiesta dalla legge e siano state compiute attività particolarmente pregiudizievoli per gli interessi dei partecipanti.

Termine per l'impugnazione: L'impugnazione va proposta entro trenta giorni dalla deliberazione e, nel caso di minoranza dissenziente assente, entro trenta giorni dalla data della comunicazione della deliberazione.

Scioglimento della comunione: La comunione può sciogliersi o per accordo dei compartecipanti o ricorrendo all'autorità giudiziaria.

Casistica: Se vi sono beni indivisibili in natura, il diritto allo scioglimento dei compartecipanti non viene meno, posto che è possibile che tale diritto sia realizzato attraverso altri mezzi, quali l'assegnazione del bene ad uno dei compartecipanti o la vendita dello stesso, con conseguente distribuzione del ricavato tra i compartecipanti medesimi. A tali mezzi si può ricorrere anche quando il bene comune è divisibile. E ciò in considerazione del fatto che il diritto allo scioglimento della comunione costituisce un'estrinsecazione del diritto di proprietà, esercitabile "sempre", con la conseguenza che la relativa facoltà non è suscettibile di subire limiti e ostacoli diversi da quelli espressamente previsti (Tribunale Grosseto, sentenza, 28/10/2016).

Limiti al diritto allo scioglimento: Lo scioglimento della comunione è escluso quando i compartecipanti hanno stipulato un patto con cui stabiliscono la durata della comunione. In quest'ipotesi, il patto in questione non può vincolare i contraenti a mantenere la comunione per un periodo superiore a dieci anni. Lo scioglimento della comunione è, altresì, escluso quando la cosa comune, in considerazione del suo valore affettivo o, comunque, del suo valore personale per i soli compartecipanti o in considerazione della sua utilità [...] relativamente ad altre cose comuni, cesserebbe di assolvere la sua destinazione se si procedesse ad assegnazione o vendita (Tribunale Grosseto, sentenza., 28/10/2016). 

 

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