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Nella preistoria era stato un vero e proprio latin lover, il George Clooney di Sorru

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La piccola villa che aveva in affitto non si trovava proprio in riva al mare. Per arrivare alla spiaggia bisognava attraversare la strada principale del paese e percorrere un breve sentiero in discesa, interamente circondato da una rigogliosa macchia mediterranea.

La villetta era molto piccola: un soggiorno, una camera, un bagno e una cucina, oltre l'orto naturalmente. Non aveva voluto installare nemmeno il telefono, ritenendo che il cellulare fosse più che sufficiente.

Quel sabato non aveva in programma di scendere in spiag­gia: troppa gente e troppa confusione; si sarebbe invece dedicato all'orticello, anche senza averne troppa voglia.

Non si poteva certo dire che avesse il pollice verde. Eppure il libro che gli avevano regalato era così chiaro. Per l'autore, col­tivare pomodori, melanzane e zucchine sembrava essere la cosa più semplice del mondo.

Le sue zucchine invece, alcune microscopiche altre enormi, ai limiti del gigantismo, erano degne del museo degli orrori. Do­veva assolutamente migliorare la sua propensione bucolica e a questo proposito avrebbe presto parlato con Mimmo, l'arzillo vicino di casa, che più volte aveva cercato inutilmente di iniziarlo ai segreti dell'orticoltura.

Vide entrare nel vialetto dietro casa la Fiat Ritmo di Mario Carrus, il marito di Luciana. Non si aspettava la loro visita se non per il mercoledì successivo, quando avrebbero dovuto cucinare il pesce che ogni settimana Mario comprava, a prezzi ovviamente stracciati e in barba alle rigide disposizioni della cooperativa, dal cugino pescatore.

Vedendo Luciana e Mario scendere dall'auto, Alessandro ripen­sò ancora una volta a quanto affetto provava per quella famiglia. Luciana da giovane era stata una bella ragazza, sebbene adesso, alle soglie dei sessant'anni, fosse ingrassata parecchio e sfoderasse un generoso fondoschiena, oggetto di continue prese in giro da parte delle sue due figlie. Mario, durante i suoi anni ruggenti, nella preistoria cioè, era stato un vero e proprio latin lover, il George Clooney di Sorru, il microscopico paese di seicento anime dove i due coniugi abitavano. Si erano sposati abbastanza tardi, ma il loro matrimonio poteva dirsi riuscito fino in fondo, cosa che Alessan­dro poteva dire di aver visto davvero poche volte nella vita.

Si chiese cosa volessero da lui a quell'ora. Era improbabile che stessero andando al mare e avessero deciso di passare a fargli un saluto, come spesso capitava. 

 Mario Carrus, dopo un rapido abbraccio, venne subito al dunque, come era nello stile concreto e senza fronzoli di quella gente e di quella terra: "Alessandro, ti dobbiamo parlare di una cosa molto importante".

"Dimmi tutto", lo incoraggiò Gordiani, che cominciava a sentirsi addosso un leggero senso di apprensione. Quell'esordio non era affatto normale.

"Un nostro caro amico ha bisogno di aiuto", spiegò Mario in tono serio.

"Lo conosco?", volle sapere Gordiani.

"Si chiama Salvatore Sanna", rispose Mario. "Forse l'hai visto una volta".

"Va bene, non mi ricordo, vai avanti", lo incitò il giovane avvocato.

"È successa una disgrazia", intervenne Luciana, che aveva sempre avuto la tendenza a condurre lei la conversazione e che quindi faticava moltissimo a rimanersene in silenzio quando due persone le parlavano davanti.

"Che cosa è successo esattamente?", volle sapere Gordiani.

"Stanotte Stefano, il figlio di Salvatore, ha ucciso per sbaglio un altro ragazzo", rispose lei.

"Che significa per sbaglio?", domandò il giovane avvocato, che ancora non aveva capito cosa c'entrasse lui con tutta quella storia, anche se in cuor suo cominciava a intuirlo. "L'hanno ar­restato?".

 "L'altro ragazzo, quello che è morto, pare fosse un amico e sembra che il figlio di Salvatore non volesse colpirlo", rispose Luciana. "È stato fermato dai carabinieri stanotte".

"Non sapete nient'altro?", domandò ancora Gordiani, cui non erano mai piaciute le spiegazioni incomplete, frammentarie e per giunta piene di parole come "pare", "sembra", "è proba­bile".

"No", rispose Luciana. "Ma ti racconterà tutto Salvatore que­sto pomeriggio. Viene da noi alle tre".

"Questo pomeriggio?", esclamò Gordiani sorpreso. "Scusa Luciana, ma io che c'entro con tutta questa storia?"

"Come che c'entri, sei un avvocato!", rispose Luciana con una certa decisione.

"Ero un avvocato", la corresse Gordiani con calma. "Lo sai che non voglio avere più niente a che fare con queste cose, ne abbiamo già parlato un milione di volte".

"Lo sappiamo Alessandro", intervenne Mario in tono con­ciliante. "Ma speravamo che stavolta potessi fare un'eccezione".

"Basta che lo stai a sentire, cosa ti costa?", si intromise ancora Luciana.

"E quando l'ho sentito, che cosa cambia?", volle sapere Gor­diani.

"Non lo so", rispose Luciana con ostinazione. "So soltanto che Salvatore si è rivolto a noi perché gli abbiamo sempre parlato bene di te e che quindi è giusto che tu lo stia almeno a sentire".

"Gli avete parlato di me?", domandò incuriosito Gordiani.

"Lo sai che Luciana ha una passione per te e che non passa un giorno senza che vada dicendo a tutti di quanto è bello e di quanto è bravo il suo Alessandro", spiegò sorridendo Mario, che aveva ormai assunto il ruolo di moderatore in quella conversa­zione tra teste dure. "È chiaro che Salvatore ha pensato a te per la difesa del figlio".

"Per cosa?", esclamò Gordiani sbalordito. "Ma siete impaz­ziti? Io non ci penso nemmeno ad assumere la difesa in un caso di omicidio".

"Salvatore non conosce nessun altro!", replicò testarda­mente Luciana.

"Be', se permetti, questo non è certo un buon punto di par­tenza per instaurare un rapporto di fiducia tra avvocato e clien­te!", tagliò corto Alessandro, che cominciava ad averne abba­stanza di quella discussione.

I tre rimasero per un po' in silenzio, ognuno in balia dei pro­pri pensieri. Luciana, che aveva sempre avuto la vista lunga, era felice che Alessandro fosse andato ad abitare vicino a lei e, per quanto le era stato possibile, aveva cercato di aiutarlo. Sapeva però che lui non era destinato a rinchiudersi così giovane dentro quell'assurda prigione senza sbarre che aveva eretto con le sue stesse mani. Non poteva essere quello il suo futuro ed era arriva­to il momento di costringerlo a uscire allo scoperto, di metterlo di fronte alle proprie responsabilità. L'aveva visto crescere e ne conosceva le qualità e i difetti. Avrebbe scommesso la propria vita su di lui. Sapeva che quella era l'occasione giusta per farlo uscire dal bozzolo che si era auto-costruito per proteggersi dal suo ipercriticismo e dalle sue assurde paure. Forse quella avrebbe potuto davvero essere l'ultima occasione per dargli una scossa, per permettergli di riprendere in mano il timone della sua vita.

"Senti Alessandro", gli disse con un tono fermo e pacato, che non ammetteva repliche e che lui ben conosceva per averlo sentito tante volte fin da bambino, "stare a sentire Salvatore non ti costa nulla. Se poi non te la senti di assumere l'incarico, gli consigli un avvocato a Roma e tanti saluti a tutti: puoi tornartene a coltivare l'orto e a non fare niente tutto il giorno".

Lui sapeva quando non era il momento d'insistere con quella donna. Arrivati a un certo punto, era meglio fare come diceva lei. E poi, in fondo, l'idea di tornare a esercitare lo stimolava, co­minciava anche lui a capire che non avrebbe potuto continuare a lungo in quello stato d'isolamento totale. Senza considerare che i soldi cominciavano a scarseggiare. Forse, pensò divertito, avrebbe potuto prendersi una pausa dalla pausa.

"Perché avete parlato di Roma?", domandò ai due coniugi.

"Perché è lì che è successo tutto", rispose Mario.

"L'onorario chi lo pagherebbe?", volle sapere lui, passando a un argomento meno nobile, ma sicuramente altrettanto impor­tante. "Un processo del genere costa molti soldi, lo sapete vero?"

"Dei soldi non ti preoccupare, che Salvatore già ti paga", ri­spose Luciana facendo ricorso a quel già così comune in Sarde­gna. "Magari piano piano, ma vedrai che alla fine ti darà quello che gli chiedi. I soldi non gli mancano; cerca solo di non esage­rare e chiedigli il giusto".

La discussione poteva considerarsi conclusa e i due visitatori si avviarono alla loro auto.

"Alle tre in punto sarò da voi, ci vediamo più tardi", disse Alessandro salutandoli.

"Allora a dopo", rispose Mario salendo sull'auto e avviando il motore.

Luciana invece lo salutò in silenzio, limitandosi ad agitare la mano dal finestrino, con un sorriso furbo e soddisfatto stampato sul volto. Lo conosceva bene e sapeva di aver raggiunto il suo obiettivo anche quella volta.

Sapeva che l'avvocato Gordiani, il suo adorato Alessandro, sarebbe presto tornato a calcare le aule d'un tribunale.

 

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