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Il vecchio avvocato guardò la signora dal seno prorompente e dalle spalle nude (da "Avvocà, per ora grazie")

Il vecchio avvocato guardò la signora dal seno prorompente e dalle spalle nude (da "Avvocà, per ora grazie")

 Il vecchio avvocato guardò la signora in panni stretti, con il seno prorompente e le spalle nude. Era un processo strano, balordo, non gli piaceva il suo cliente, non gli piaceva la parte offesa, non gli piaceva l'impronta che aveva preso la vicenda, finita senza un perché sulle pagine dei giornali locali. Si trattava di molestie sessuali, che probabilmente, anzi sicuramente ci stavano tutte. Ma il suo cliente era chiaramente un babbeo, che si era fatto trascinare dalla passione bieca e travalicato i limiti intravalicabili, ed essendo un villano non aveva saputo fermarsi per tempo. Dall'altra parte, peraltro, non c'era sicuramente una viola mammola. Lui odiava questo genere di processi, ma un avvocato è un avvocato, se accetta una difesa la deve portare fino in fondo. Aveva scelto quindi una strada tranquilla, fatta di silenzio, di strada apparentemente lasciata libera al Collega di parte civile, con puntuali precisazioni e piccole frecciatine.

Poi aveva fatto la sua irruzione la stampa, e lui scappava dai cronisti con le biro sotto il naso, con i taccuini, con i microfoni, con le telecamere. Non voleva, no, non voleva, dare spazio al prurito mediatico, e appena finiva l'udienza usciva con il volto corrucciato e a grandi falcate si allontanava.

  Quel giorno, il giorno dell'esame di parte offesa, era particolarmente irritato, e si sarebbe voluto prendere una piccola libertà, senza sapere se poi se ne sarebbe dovuto pentire o no. Aveva una sua idea ben precisa in testa, e nessuno gliela avrebbe levata, nemmeno con le pinze: il suo assistito era un idiota, dominato da istinti primitivi, e parte offesa una persona intelligente, sensuale, provocante e conturbante, che aveva condotto l'affaire con estrema razionalità: ma poi non era più stata capace di controllare l'animale che viveva dentro il suo assalitore, l'uomo oggi seduto sul banco degli imputati. Tutte cose che non giustificavano in alcun modo l'accaduto, per carità di Dio, che tuttavia sapeva anche di trappola ben congegnata: storie vecchie come il mondo. Peraltro anche lui, il vecchio, subiva in qualche modo il fascino intrigante della profumata signora, e se ne doleva sino alla irritazione, sentimento che non dovrebbe albergare nel cuore e nel cervello di un vecchio penalista.


 Quando fu il suo turno, l'avvocato cominciò a parlare. 

Avrebbe voluto dire cose antipatiche, sollevare dubbi, insinuare. Ma no, non si poteva fare. Doveva continuare sulla strada già incominciata. Melassa, oblìo, limitare i danni per il suo assistito.
Per questo si mozzicò ripetutamente la lingua, e pacatamente cominciò:
Buon giorno signora, le porrò alcune domande..
E proseguì poi con una nenia ipnotica, a domanda risponde, etc. etc. , un interrogatorio senza infamia e senza lode, esattamente quanto si era prefissato.
L'avvocato svolse poi una egregia, sommessa difesa, spargendo melassa (come aveva preventivato di fare) a piene mani, e alla lettura della giusta ma sicuramente mite sentenza, con pena sospesa e un congruo risarcimento danni alla parte civile, si girò verso il suo assistito.
Voleva dirgli qualcosa di saggio, ma scorse un lampo sinistro in quegli occhi spenti. Tutto il braccio del balordo si agitava sotto il banco, si agitava sempre più violentemente, e un fremito percorse tutto il corpo del cliente nel momento stesso in cui il vecchio avvocato bisbigliò "Fai schifo!"
La frase fu coperta dalla risata isterica della prosperosa signora, che abbracciava e baciava il suo avvocato.
La gente defluiva dall'aula. Il villano, la bestia, il suo assistito, il cretino, coprendosi le vergogne inumidite con il cappotto, disse al vecchio avvocato: "Oggi pomeriggio vengo a saldare i suoi onorari...."
"Fai schifo" ripetè l'avvocato, e se ne andò a testa bassa.

 

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