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Intervento di chirurgia estetica al naso fratturato, SC: “Non ostacola l’espulsione dello straniero”

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Con la sentenza n. 8371 depositata lo scorso 26 marzo, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una opposizione avverso un decreto di espulsione di uno straniero, ha escluso che la sottoposizione ad un intervento di chirurgia estetica per rimuovere gli esiti di una frattura nasale potesse giustificare un caso di divieto di espulsione temporanea per motivi di salute, posto che implicano il divieto di espulsione temporanea tutti gli interventi che, successivamente alla somministrazione immediata di farmaci essenziali per la vita, siano indispensabili al completamento dei primi od al conseguimento della loro efficacia, mentre restano esclusi quei trattamenti di mantenimento e di controllo che, se pur necessari per assicurare una «spes vitae» per il paziente, fuoriescono dall'intervento sanitario indifferibile ed urgente e in ordine ai quali, pur non operando il divieto di espulsione, può essere richiesto un permesso di soggiorno per motivi di salute.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dal ricorso presentato da uno straniero avverso il decreto di espulsione prefettizio emesso nei suoi confronti.

Il Giudice di pace di Lecce rigettava il ricorso, convalidando il decreto di espulsione: il giudicante riteneva che l'istante non avesse evidenziato alcun elemento che consentisse di ritenere fondata l'opposizione, essendogli stato anche revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro a suo tempo concesso.

L'uomo, ricorrendo in Cassazione, denunciava violazione degli artt. 18 del d.lgs. n. 286 del 1998, 2, comma l e 19, comma 2-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, 3, comma 4 bis del d.l. n. 89 del 2011, 2 e 32 Cost., nonché la mancanza di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c.. 

In particolare il ricorrente si lamentava perché il Giudice di pace – nel convalidare il decreto di espulsione – non si era in alcun modo pronunciato sulle condizioni di salute dell'istante, il quale, a seguito di un'aggressione da due connazionali, aveva riportato gravi lesioni; ne sarebbe conseguito l'ineseguibilità della disposta espulsione, ai sensi degli artt. 18 e 35 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

La Cassazione non condivide le censure rilevate.

Gli Ermellini rilevano preliminarmente come – sebbene lo stato di salute del ricorrente fosse stato oggetto di espressa menzione nel ricorso avverso il decreto di espulsione – nessun riferimento si rinviene, sul punto, nella decisione impugnata.

Tuttavia, tale mancanza, integrante il vizio di omessa pronuncia, in violazione dell'art. 112 c.p.c., non porta alla cassazione della sentenza impugnata, in quanto la Suprema Corte – alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi – una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di gravame, può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto. 

Con specifico riferimento al caso di specie, la questione di diritto posta alla base del vizio di omessa pronuncia verte sull'incidenza dello stato di salute dello straniero nei provvedimenti di espulsione. Sul punto, la Cassazione ha specificato che il divieto di espulsione temporanea dello straniero per motivi di salute, ex art. 35 del d.lgs. n. 286/1998, è correlato ad una condizione di necessità d'intervento sanitario che, sebbene non sia limitato all'area del pronto soccorso o della medicina d'urgenza, è esteso all'esigenza di apprestare gli interventi essenziali «quoad vitam», di talchè dall'immediata esecuzione del provvedimento lo straniero potrebbe subire un irreparabile pregiudizio.

Ne deriva che implicano il divieto di espulsione temporanea tutti gli interventi che, successivamente alla somministrazione immediata di farmaci essenziali per la vita, siano indispensabili al completamento dei primi od al conseguimento della loro efficacia, mentre restano esclusi quei trattamenti di mantenimento e di controllo che, se pur necessari per assicurare una «spes vitae» per il paziente, fuoriescono dall'intervento sanitario indifferibile ed urgente e in ordine ai quali, pur non operando il divieto di espulsione, può essere richiesto un permesso di soggiorno per motivi di salute.

Con specifico riferimento al caso di specie, lo straniero non aveva evidenziato che dall'immediata esecuzione del provvedimento il medesimo poteva subire un irreparabile pregiudizio, per l'esigenza indifferibile di ricevere prestazioni sanitarie «quoad vitam»; piuttosto, dall'esame del ricorso si evinceva che, a seguito dell'aggressione subita, lo straniero aveva riportato la frattura delle ossa nasali e diverse ferite da taglio, per cui il medesimo si sarebbe dovuto sottoporre a vari interventi di chirurgia plastica, risolutivi della sua situazione clinica.

Gli Ermellini chiariscono, quindi, come la mancata allegazione di alcuna urgenza di sottoposizione a farmaci salva vita ostacoli al riconoscimento, nel caso concreto, di un divieto di espulsione temporanea per motivi di salute, ex art. 35 del d.lgs. n. 286/1998.

La Corte rigetta, quindi, il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. 

 

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