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L'azione contro il cliente moroso, la rinuncia al mandato, l'illecito disciplinare
Nel corso dell'esercizio della professione forense, può accadere che l'avvocato si imbatta nella brutta situazione di dover rincorrere il cliente al fine di ottenere il pagamento del compenso per l'attività svolta nell'interesse di quest'ultimo.
In tale ipotesi, il professionista potrà agire in giudizio contro il suo assistito per ottenere il pagamento di quanto dovuto. Tuttavia, affinché detta azione non si traduca in un illecito disciplinare, l'avvocato dovrà rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti dal cliente moroso. In mancanza, il professionista sarà suscettibile di sanzione [1]. La rinuncia in questione costituisce l'unico mezzo possibile per eliminare qualsiasi situazione d'incompatibilità esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito (CNF, n. 112/2013).
L'azione contro il cliente per il recupero del compenso non pagato nella prassi
È stato ritenuto che:
Ne consegue che, in questi casi, bisognerebbe chiedersi se, essendo pendente il giudizio d'appello, il difensore d'ufficio possa rinunciare all'incarico se il cliente non gli abbia corrisposto il compenso per l'attività svolta nel giudizio di primo grado; rinuncia questa finalizzata a intraprendere un'azione contro l'assistito per il recupero delle competenze professionali. In buona sostanza, il mancato pagamento delle competenze costituisce il "giustificato motivo" contemplato dall'art. 97 c.p.p.? In punto, «deve considerarsi che la lesione del diritto del difensore di ufficio a essere retribuito impedisce di ritenere che sussista, in capo al medesimo, il contrastante dovere di tollerare di non essere retribuito». Tuttavia, per non incorrere nella violazione dell'art. 97, 5° comma, c.p.p.,il difensore d'ufficio «dovrà chiedere al Giudice di essere sostituito per il giustificato motivo, sopravvenuto, costituito dal mancato pagamento della retribuzione dovutagli per legge. Nell'esercizio della discrezionalità che la succitata norma implicitamente prevede, stante la natura sostanzialmente "in bianco" del cosiddetto giustificato motivo, il Giudice deciderà se accogliere, o meno, la richiesta. In caso negativo, l'avvocato d'ufficio dovrà continuare a svolgere l'incarico e ovviamente astenersi, onde evitare l'insorgere di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, di agire giudizialmente nei confronti dell'assistito per ottenere il pagamento delle competenze dovutegli» (CNF, parere n. 68/2011, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=708).
Note
[1] Art. 34 Codice deontologico forense:
«1. L'avvocato, per agire giudizialmente nei confronti del cliente o della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, deve rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti. 2. La violazione del dovere di cui al comma precedente comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».
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Il mio nome è Rosalba Sblendorio. Sono una persona estroversa e mi piace il contatto con la gente. Amo leggere, ascoltare musica e viaggiare alla scoperta delle bellezze del nostro territorio. Adoro rigenerarmi, immergendomi nella natura e per questo, quando posso, partecipo ad escursioni per principianti. Ho esercitato la professione da avvocato nel foro di Bari. Per molti anni ho collaborato con uno Studio legale internazionale, specializzato in diritto industriale, presso il cui Ufficio di Bari sono stata responsabile del dipartimento civile e commerciale. Mi sono occupata prevalentemente di diritto civile, diritto commerciale e diritto della proprietà intellettuale.