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Giudizio di non ammissione alla classe superiore assunto dal Consiglio di classe. Quando è legittimo?

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 Con sentenza n.1691 del 16/07/2022, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia si è espresso sulla possibilità di sindacare il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore assunta dal Consiglio di classe(fonte https://www.giustizia-amministrativa.it).

Vediamo la questione sottoposta all'attenzione del Tar.

I fatti di causa

La ricorrente, studentessa di III liceo, non è stata ammessa alla classe successiva, in quanto al termine dell'anno di profitto ha riportato votazione insufficiente in cinque discipline e il Consiglio di classe non ha ritenuto che vi fosse la possibilità di recupero delle lacune registrate.

Conseguentemente la studentessa ha impugnato il provvedimento di non ammissione lamentando l'illegittimità del provvedimento stesso nonché l'irragionevolezza e la manifesta illogicità della valutazione.

A sostegno delle proprie ragioni la ricorrente ha affermato che non sarebbero state considerate talune circostanze, in particolare la mancata predisposizione da parte della scuola di programmi di recupero delle lacune e l'omessa informazione ai genitori dell'alunna circa le sue necessità scolastiche.

Nel corso del procedimento si è costituita in giudizio l'amministrazione intimata la quale ha affermato la legittimità del proprio operato. Il Tar ha respinto la domanda proposta in via cautelare ritenendo 1) provata dall'amministrazione scolastica sia l'attivazione di corsi di recupero sia l'informazione ai genitori circa l'andamento scolastico della minore 2) legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva.

 La decisione del TAR

I giudici amministrativi hanno innanzitutto evidenziato che il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione della sua insufficiente preparazione e dell'incompleta maturazione personale, necessarie per accedere alla successiva fase di studi.

A questo proposito il Tar ha ricordato che i giudizi dell'Amministrazione scolastica sono caratterizzati da un'ampia discrezionalità tecnica e sono espressione di una valutazione riservata dalla legge agli organi della detta Amministrazione, il cui giudizio riflette specifiche competenze solo da essi possedute. Tale discrezionalità comporta che il giudice di legittimità possa solo verificare se il procedimento, a conclusione del quale il giudizio è stato espresso, sia conforme alle regole procedimentali e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, non potendo, invece, sindacare nel merito valutativo, che è riservato all'organo tecnico, sia esso il consiglio di classe o la commissione d'esame (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III n.311/2010; T.A.R. Toscana Firenze, sez. I n.5156/2007; Consiglio di Stato sez. VI n.5169/2018).

Quanto alla mancata adozione di corsi di recupero, il Tar ha ricordato il costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale: "il giudizio di non ammissione alla classe successiva non può ritenersi viziato a causa della mancata attivazione delle attività di recupero, o degli oneri di informazione circa l'andamento scolastico; deve infatti considerarsi che tale giudizio si basa esclusivamente sull'accertamento dell'insufficiente preparazione dello studente, senza che ad esso possa riconnettersi alcun intento punitivo"(ex multis T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, n.11232/2019; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, sez. I, n.184/2018).

 Tra l'altro, a parere giurisprudenza amministrativa "l'incompleta, carente od omessa attivazione dei corsi di recupero da parte della scuola, in violazione dell'art. 11, comma 2, d.lg. n. 59/2004, nella parte in cui è previsto che «sulla base degli esiti della valutazione periodica, le istituzioni scolastiche predispongono gli interventi educativi e didattici, ritenuti necessari al recupero e allo sviluppo degli apprendimenti», non incidono sulla legittimità e sull'autonomia del giudizio finale di non ammissione di un alunno, che si basa sull'insufficiente rendimento scolastico e quindi sulla non adeguata preparazione e maturazione per accedere alla successiva fase degli studi" (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 1568/2018; T.A.R. Firenze, sez. I, n.1492/2017; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, n.5456/2021).

Infine per i giudici amministrativi la legittimità del giudizio del Consiglio di classe non può essere inficiato da un eventuale difetto nella relazione "scuola – famiglia", in quanto ai fini dell'ammissione alla classe successiva, ciò che rileva è la possibilità di esprimere un giudizio favorevole sul livello di preparazione e di apprendimento concretamente raggiunto dall'alunno al termine dell'anno scolastico o, in presenza di carenze, un giudizio favorevole sulla possibilità del loro recupero.

Nel caso di specie il Tar ha rilevato che dal verbale è emerso che il profitto della studentessa è risultato carente in sei materie e che, anche a seguito delle attività di recupero, l'alunna ha mostrato di aver colmato le lacune in una sola materia, manifestando nelle altre, conoscenze lacunose o superficiali e difficoltà di organizzazione delle stesse nella restituzione personale dei contenuti.

Di conseguenza Il Tar ha ritenuto legittima la decisione di non ammissione alla classe successiva assunta dal Consiglio di classe, in quanto basata sulla verifica del rendimento scolastico gravemente deficitario della studentessa.

Sulla base di queste osservazioni il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), ha ritenuto il ricorso infondato e l'ha respinto.

 

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