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È dal 1955, attraverso il "suo" settimanale "L'Espresso", e poi, dal 1976, attraverso il "suo" quotidiano "La Repubblica", che leggo suoi articoli, le sue rubriche, le sue riflessioni, i suoi incontri, memorabili quelli con papa Francesco.
In tanti abbiamo notato che, negli ultimi tempi, i suoi articoli erano quasi scomparsi dalle pagine de "La Repubblica".
Sabato scorso, 19 febbraio, a pagina 31 una bellissima riflessione su "Che cosa è la vita piena"; sopra titolo "Io e la morte"; sotto titolo "Interrogarci sull'anima significa pensare a un mondo senza di noi. E alla nostra idea di Dio. Una riflessione del fondatore di Repubblica".
Eugenio Scalfari "giornalista e scrittore. Considerato, anche dai suoi "avversari", uno dei più grandi giornalisti italiani del XX secolo.
Se si desidera conoscere la vita di Scalfari, "non serena, ma fortunata e felice", bisogna leggere un suo libro del 2014, pubblicato da Einaudi: "Racconto autobiografico" un magnifico tuffo nell'Italia del secondo cinquantennio del secolo scorso.
"Sono nato a Civitavecchia il 6 aprile del 1924 alle ore 10.30, all'ultimo piano di un palazzo costruito nei primi anni dell'Ottocento nella piazza centrale della città. Alcune finestre della nostra casa affacciavano su quella piazza. Di fronte a noi c'era la chiesa cattedrale intitolata a San Francesco; sulla sinistra la sede del Municipio. Altre finestre davano su un vicolo laterale al fondo del quale c'era il ristorante 'La Scaletta' (c'è ancora"). La casa era appartenuta ai nonni materni
Ma si vedeva anche il mare.
"La sera della bella stagione mi affacciavo sul balcone assieme a mia madre. Sul mare aperto si vedevano le luci delle lampare, le barche da pesca che stendevano le reti al largo e pescavano a strascico. Suonavano le sirene dei 'postali' e dei rimorchiatori, le luci delle cabine brillavano in alto mare. Mia madre mi indicava le stelle, il Carro dell'Orsa Maggiore, Venere che splendeva accanto alla luna".
Una vita "non serena, ma fortunata e felice". Così Eugenio Scalfari riassume il bilancio della propria esistenza, in un racconto che l'abbraccia per intero.
In questo libro troviamo l'albero genealogico della famiglia paterna e materna; e si scopre la sua origine calabra, di Vibo Valentia.
Nel mese di luglio del 1938, la famiglia Scalfari si stabilisce a San Remo, dove il padre era stato assunto al Casinò in un posto di responsabilità.
A scuola incontrò Italo Calvino "… con il quale ho condiviso il banco in seconda e terza liceo, con un'amicizia, anzi un vero e proprio sodalizio che durò ininterrottamente cinque anni, dal '38 al settembre del '43. Si interruppe quando la guerra divise l'Italia in due. Riprese nel '45, ma eravamo cambiati entrambi, ancora molto giovani usciti dall'adolescenza attraverso il dramma della guerra, dalla catastrofe, dell'occupazione nazista e della Resistenza".
Ma Calvino e Scalfari si incontreranno ancora, durante la loro esistenza, e il primo, lasciato il "Corriere della sera", collaborerà a "la Repubblica" fino alla sua scomparsa.
Nel 1947 accetta un impiego alla Banca Nazionale del Lavoro e si sposta a Milano.
Ma si accorge, dopo alcuni anni di lavoro, che "... La sua vera passione era quella di scrivere. Di economia, di politica e di filosofia".
È l'anno in cui, grazie ad un amico del padre, riesce a pubblicare un suo saggio sulla "Nuova Antologia", una prestigiosissima rivista trimestrale di lettere, scienze e arti fondata nel gennaio 1866 a Firenze e che gli aprì le porte per le sue attività future: il giornalismo e la letteratura.
Comincia a collaborare con il settimanale di politica e cultura "Il Mondo", fondato da Mario Pannunzio che si è pubblicato a Roma tra il 1949 e il 1966.
Ebbe come collaboratori il fior fiore della cultura italiana: Ernesto Rossi, Carlo Antoni, Vittorio De Caprariis, Nicolò Carandini, Luigi Salvatorelli, Ugo La Malfa, Arturo Carlo Jemolo, Giovanni Spadolini, Aldo Garosci, Vittorio Gorresio.
Eugenio Scalfari cominciò a collaborare con "Il Mondo" nel 1949.
Se dovessimo elencare i nomi delle persone con le quali Eugenio Scalfari ha intessuto dei rapporti di lavoro, di interessi culturali ci vorrebbe un'intera enciclopedia.
All'inizio degli Anni cinquanta con Arrigo Benedetti pensano di fondare una rivista settimanale.
Si rivolgono ad Adriano Olivetti per un investimento e dopo alcuni incontri riescono ad ottenerlo. Così nasce "L'Espresso" il 2 ottobre 1955. Una rivista battagliera, di vocazione centro-sinistra che scoperchia parecchi scandali, compreso il tentativo di Golpe del generale De Lorenzo, un monarchico con tendenze fascistoide.
Il 14 gennaio 1976 vede la lice il quotidiano "la Repubblica". I primi anni esce dal martedì alla domenica. Poi uscirà tutti i giorni della settimana, compreso il lunedì.
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.