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Estinzione del processo ex art.309 c.p.c. È possibile l'indennizzo per l'irragionevole durata del processo?

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 Con ordinanza n.10906/2022 del 05/04/2022, la Corte di cassazione seconda sezione civile, ha affrontato il tema della possibilità di riconoscere il risarcimento di un indennizzo per l'irragionevole durata del processo anche per il caso in cui il processo sia stato definito in appello con ordinanza di estinzione preceduta da due rinvii ex art. 309 c.p.c. (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Analizziamo la vicenda sottoposta all'esame dei giudici di legittimità.

I fatti di causa

La ricorrente è stata parte soccombente di un processo di primo grado in materia di sanzioni amministrative incardinato con ricorso depositato il 22.4.2010 e definito in appello con ordinanza di estinzione del 31.5.2016 a seguito di due rinvii ex art. 309 c.p.c.

Conseguentemente la ricorrente ha chiesto il riconoscimento di un indennizzo per l'irragionevole durata del processo, ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile con decreto della Corte d'Appello per difetto di prova di definizione del giudizio presupposto.

La ricorrente ha impugnato il suddetto decreto chiedendo di accertare la violazione del termine di ragionevole durata del processo presupposto e di condannare la P.A. al risarcimento del danno non patrimoniale, inteso quale patema d'animo derivante dalla situazione di incertezza per l'esito della causa e dall'irragionevole durata del processo; danno che, a parere della ricorrente, si presume fino a prova contraria.

 La Corte d'Appello ha rigettato l'opposizione ritenendo che nel caso di specie trova applicazione l'art.2 sexies L. n.89/2001, introdotto dalla L. n.208/2015, a norma del quale "si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di (…) estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti ai sensi degli articoli 306 e 307 del codice di procedura civile", per cui la Corte d'Appello ha ritenuto che il ricorso dovesse essere respinto in difetto di prova del lamentato danno.

Avverso la suddetta decisione la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

  1. violazione dell'art. 2 sulla prova del danno;
  2. falsa applicazione dell'art. 2, comma 2 sexies, lett. c) della L. n. 89/2001.

A sostegno delle proprie ragioni la ricorrente ha affermato che il procedimento presupposto non è terminato ai sensi degli artt. 306 o 307 c.p.c. come erroneamente ritenuto dal Giudice a quo, né ai sensi dell'art.84 codice processo amministrativo, bensì è terminato ai sensi della diversa ipotesi di cui all'art.309 c.p.c. (mancata comparizione all'udienza), con la conseguenza che non è possibile applicare al caso di specie la presunzione di insussistenza del pregiudizio di irragionevole durata del processo.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha evidenziato che la disposizione di cui all'art.2, comma 2-sexies, lettera c) L. n.89/2001, secondo cui si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo nel caso di estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti ai sensi degli articoli 306 e 307 c.p.c., salvo prova contraria, ha inciso in particolar modo sulla disciplina del riparto dell'onere della prova del pregiudizio da irragionevole durata del processo. In altri termini in caso di estinzione del giudizio ai sensi degli artt. 306 e 307 c.p.c. e, quindi nei casi in cui il processo si estingue per disinteresse della parte a coltivarlo, sussiste una presunzione iuris tantum di insussistenza del pregiudizio (cfr. Cass. n.25542/2019).  

 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte ha ritenuto che, sebbene la norma faccia riferimento solo agli artt.306 e 307 c.p.c. mentre non richiama l'art. 309 c.p.c., tale mancato richiamo non assume carattere decisivo. Infatti l'art. 309 rinvia, per la disciplina dell'ipotesi della mancata comparizione di tutte le parti all'udienza, all'art.181 c.p.c., a sua volta richiamato dall'art.307 c.p.c., che prescrive quale conseguenza dell'inattività la cancellazione della causa dal ruolo e, per le ipotesi di cui all'art. 181 e all'art. 290 c.p.c., l'immediata estinzione del processo.

Nel caso in esame, la mancata comparizione delle parti è avvenuta nel giudizio di appello e a proporre la domanda di equa riparazione è stata la parte appellante, soccombente in primo grado. Di conseguenza l'inerzia di quest'ultima è quindi ricollegabile a disinteresse verso la decisione del giudizio di secondo grado, con la conseguenza che deve trovare applicazione la presunzione di insussistenza del pregiudizio di cui all'art. 2, comma 2-sexies della legge n. 9/2001.

Riguardo al pregiudizio lamentato, la Corte ha affermato che la ricorrente ha fondato la domanda sul mero dato temporale e tale elemento non è sufficiente ai fini dell'accoglimento della domanda stessa che doveva essere respinta anche con riguardo al difetto di prova del lamentato danno.

In relazione ai mezzi di prova, la Corte ha affermato che la prova per testi richiesta dalla ricorrente è irrilevante ai fini della prova del danno avente ad oggetto esclusivamente i tempi del procedimento presupposto, in quanto tale circostanza deve essere provata documentalmente.

Alla luce di queste considerazioni la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso.

 

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