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Corsi di specializzazione per attività didattica di sostegno, TAR: necessari specifici titoli di studio, non sufficiente la mera esperienza acquisita sul campo

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Con sentenza n. 10010 del 16 ottobre 2018, il TAR Lazio ha stabilito che, per l'accesso ai percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, sono necessari specifici titoli di studio e non già la mera "esperienza sul campo" acquisita con lo svolgimento in via interinale di incarichi di docenza. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi. I ricorrenti sono:

  • docenti che insegnano nelle scuole statali con incarichi a tempo determinato, nominati negli anni quali supplenti su posti previsti nell'organico dell'Amministrazione scolastica;
  • sono in possesso di un titolo di studio (laurea o titolo equipollente) che costituisce requisito di accesso alle rispettive classi concorsuali per l'insegnamento delle scuole statali.

È accaduto che, con DM 1 dicembre 2016, n. 948, è stata dettata la disciplina per l'attuazione dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno (anche TFA sostegno) ai sensi dei DM 10 settembre 2010 n. 249 e 30 settembre 2011. Con detti decreti sono state determinate le modalità di organizzazione dei corsi e delle attività formative demandate alle Università, da un lato, e sono stati definiti i requisiti di ammissione e le prove selettive per l'accesso al corso, dall'altro. In particolare, il DM n. 948/2016 prevede che "l'ammissione alle prove di accesso ed ai relativi corsi è riservata ai candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento per il grado di scuola per il quale si intende conseguire la specializzazione per le attività di sostegno". Orbene, secondo i ricorrenti, i decreti ministeriali su citati, sono illegittimi perché non consentono la partecipazione al corso di specializzazione in esame di tutti i soggetti idonei allo svolgimento delle funzioni di insegnamento. 

 Tale illegittimità, a loro dire, discenderebbe da quanto statuito dai DD.MM. 30 gennaio 1998 n. 39, 9 febbraio 2005, n. 22, 9 luglio 2009 e 22 maggio 2014 n. 353, i quali stabiliscono che:

  • per esercitare la professione di docente sarebbe sufficiente aver terminato i percorsi formativi (laurea specialistica, magistrale o altro titolo equipollente) determinati in relazione a ciascuna classe concorsuale;
  • tali titoli di studio consentono l'iscrizione nella III fascia delle graduatorie di istituto con conseguente possibilità di attribuzione di incarichi di supplenza.

Da quanto statuito dai suddetti decreti ministeriali, appare evidente, ad avviso dei ricorrenti, che l'abilitazione all'insegnamento non sarebbe requisito indispensabile per lo svolgimento delle funzioni di insegnanti di sostegno, con l'ovvia conseguenza che impedire ai non abilitati di accedere a tale corso di specializzazione costituirebbe una preclusione alla stabilizzazione della posizione lavorativa irragionevole e sproporzionata. Di diverso avviso è il TAR Lazio, il quale afferma che il D.M. 948 del 1.12.2016 impugnato rinviene la sua fonte di legittimazione (e di legittimità) nella previsione di cui all'art. 13 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 (recante regolamento concernente: "Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244") e di cui all'art. 1, comma 110, della legge 13 luglio 2015, n. 107 ("Riforma del sistema nazionale dì istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti"). Queste disposizioni, in riferimento ai percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, prevedono che, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto, alle procedure concorsuali possano accedere, per i posti di sostegno per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 7069 del 25 giugno 2018). 

Da tanto, a parere dei Giudici amministrativi, risulta evidente l'intento del legislatore: conferire al corso di specializzazione in questione la natura di un percorso di studi riservato, al quale sono ammessi a prender parte solo i soggetti muniti degli indicati requisiti (abilitazione all'insegnamento o inserimento nelle graduatorie di istituto di seconda fascia). In pratica, si tratta di una specializzazione i) che comporta una progressività del titolo di abilitazione all'insegnamento, e ii) che presuppone e non può prescindere da quest'ultimo dal momento che il titolo ordinario abilita al solo insegnamento. Che per accedere ai corsi di perfezionamento di cui stiamo discorrendo è necessario che i candidati siano in possesso dei titoli di abilitazione all'insegnamento, discende, secondo il TAR, anche dalle peculiari esigenze degli studenti per i quali si richiedono attività di assistenza didattica più intense. D'altro canto, se, per coloro che si approcciano all'insegnamento, la legge ( decreto n. 249 del 2010 su citato) prevede un percorso preciso sia in punto di conoscenze disciplinari, che in punto di capacità didattiche e psico-pedagogiche, è naturalmente logico ritenere che la specializzazione per i posti di sostegno non può non configurarsi come acquisizione di una professionalità ulteriore rispetto a quella ottenuta con il titolo ordinario. E ciò in considerazione, proprio, delle delle peculiari esigenze sopra indicate. Alla luce di tale quadro normativo, quindi, secondo i Giudici amministrativi, appare più che evidente che, per l'accesso al corso di studi in questione, sono necessari specifici titoli di studio e non già la mera "esperienza sul campo" acquisita con lo svolgimento in via interinale di incarichi di docenza. Sulla base di queste argomentazioni, pertanto, il TAR ha rigettato il ricorso, ritenendo legittimi i decreti ministeriali impugnati. 

 

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