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Coniugi con residenza diversa: la Corte Costituzionale ripristina la doppia esenzione Imu

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Riferimenti normativi: Art.13 D.L. n.201/2011

Focus: Sull'annosa questione relativa all'esenzione Imu dell'abitazione principale si è pronunciata recentemente la Corte Costituzionale con la sentenza n.209, depositata il 13 ottobre 2022, riconoscendo che l'esenzione Imu non può essere legata alla residenza del nucleo familiare.

Principi generali: << Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente>>. Sino ad oggi se due coniugi risiedevano in due Comuni diversi nessun fabbricato poteva essere considerato abitazione principale ai fini Imu e, quindi, nessuno dei due poteva fruire dell'agevolazione fiscale dell'esenzione Imu per ciascuna abitazione principale. Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della disciplina Imu in materia di abitazione principale di cui al previgente art.13, comma 2, quarto periodo, D.L. n.201/2011, e di quella attualmente vigente dell'art.1, comma 741, lett. b) della L.n.160/2019, nella parte in cui tali disposizioni riferiscono i requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale non solo al possessore dell'immobile ma anche ai componenti del suo nucleo familiare. In particolare, il precitato art.13 del D.L.n.201/2011 parlando di <<nucleo familiare>> finiva per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31e 53 della Costituzione.

Le questioni di legittimità costituzionale erano sorte a seguito di un giudizio sorto davanti alla Commissione tributaria provinciale avverso alcuni avvisi di accertamento con cui il Comune contestava ad un soggetto il mancato pagamento dell'Imu dal 2015 al 2018 in relazione alla sua abitazione principale. Il contribuente rivendicava il diritto all'esenzione sul presupposto che l'immobile costituisse residenza anagrafica e dimora abituale dell'intero nucleo familiare. Il Comune, invece, aveva negato tale diritto perché il nucleo familiare non risiedeva interamente nel medesimo immobile poiché il coniuge aveva trasferito la propria residenza in un altro Comune. La Corte Costituzionale è intervenuta su questo punto stabilendo che il requisito della dimora abituale va riferito soltanto al "possessore" e non più al "nucleo familiare". L'illegittimità è stata poi estesa anche alle norme che per i componenti del nucleo familiare limitano l'esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell'art.13, D.L.201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lett. b), L.n.160/2019, come modificato dall'art.5-decies del D.L.146/2021). Quest'ultima norma - ha precisato la Corte - è stata introdotta dal legislatore per reagire all'orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta "a negare ogni esenzione sull'abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell'immobile".

Si deve tener conto del fatto che << in un contesto come quello attuale, caratterizzato dall'aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l'ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell'ambito di una comunione materiale e spirituale >>.<< Pertanto, ai fini del riconoscimento dell'esenzione sulla prima casa, non ritenere sufficiente - per ciascun coniuge o persona legata da unione civile - la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un'evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto. I quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio>>. La Corte, quindi, ha ristabilito il diritto all'esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile. Inoltre, ha chiarito che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette "seconde case" delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire. Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l'esenzione spetta una sola volta. Da questo punto di vista, "il venir meno di automatismi, ritenuti incompatibili con i suddetti parametri, responsabilizza i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli al riguardo". 

 

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