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Con la sentenza n. 36251 dello scorso 20 agosto, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha rigettato la domanda dei proprietari di più unità abitative che, nel presentare sei istanze di concessione in sanatoria, chiedevano il condono per l'abuso edilizio realizzato su un edificio di rilevante soglia volumetrica, sul presupposto che "In materia di condono edilizio, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 mc. attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende spunto dalla presentazione di sei istanze di concessione in sanatoria di un immobile avente una volumetria complessiva di 1.800 mc., ma in concreto suddiviso in più unità abitative, autonome tra loro.
In particolare, le istanze venivano presentate dal nudo proprietario e dall'usufruttuaria del terreno su cui era stato edificato il fabbricato, nonché dal genitore esercente la patria potestà sul minore residente in una delle suddette unità abitative; gli stessi evidenziavano come l'immobile si componesse di un piano seminterrato, di un piano terra e di un primo piano, costituenti ognuno un'unità indipendente ed autonoma dalle altre, non eccedente singolarmente i 750 mc in conformità a quanto previsto dalla L. n. 47 del 1985.
Conseguita l'autorizzazione in sanatoria, gli istanti chiedevano la revoca dell'ordine di demolizione nelle more reso dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli per l'abuso edilizio realizzato sull' edificio di rilevante soglia volumetrica.
La Corte di Appello di Napoli dichiarava inammissibile l'istanza: il giudicante – nell'esercizio del potere dovere di controllo della legittimità dell'atto amministrativo, sotto il profilo del corretto esercizio del potere di rilascio –evidenziava che quel condono era stato esercitato in violazione della legge ( nello specifico dell'art. 39 della legge n. 724 del 1994) e, pertanto, lo disapplicava; alla luce di tanto veniva confermata la legittimità dell'ordine di demolizione intervenuto.
Ricorrendo in Cassazione, gli istanti chiedevano la revoca dell'ordinanza di demolizione deducendo l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'art. 39 della legge n. 724 del 1994, comma 1, in ordine al superamento della soglia volumetrica: ribadivano, infatti, come l'immobile si componesse di un piano seminterrato, di un piano terra e di un primo piano, costituenti ognuno un'unità indipendente ed autonoma dalle altre, non eccedente singolarmente i 750 mc.
La Cassazione non condivide le censure formulate.
In punto di diritto gli Ermellini ricordano che, nel caso di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, il giudice ha il potere-dovere di verificare la legittimità del permesso di costruire in sanatoria sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio
Difatti, l'eventuale rilascio della concessione in sanatoria non implica in modo automatico il venir meno dell'ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, in quanto, in caso contrario si finirebbe per svuotare di contenuto il compito di controllo demandato al giudice, vanificandosi il principio di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo, la cui osservanza è, invece, essenziale al fine di garantire la più efficace tutela dell'interesse protetto.
Nell'ambito di tale doveroso potere di controllo, il giudice deve verificare in base a quali presupposti sia stato emanato il provvedimento concessorio e se questo risponda ai requisiti richiesti.
In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario che fa capo ad un unico soggetto legittimato e le istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono esser riferite ad una unica concessione in sanatoria; diversamente opinando, infatti, verrebbe frustata la ratio della norma ovvero di evitare l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera per la concedibilità della sanatoria.
Con specifico riferimento agli immobili eccedenti i 750 mc, si è specificato che nella ipotesi di un fabbricato suddiviso in plurime ed autonome unità abitative, la condonabilità va verificata unitariamente e non per frazioni di edificio, in quanto, se così accadesse, si eluderebbe la finalità della legge che è quella di sanare abusi modesti.
Ne deriva, con specifico riferimento al caso di specie, che l'elusione dei limiti volumetrici imposti dalla normativa, attraverso la presentazione di sei istanze di concessione in sanatoria riferite all'unico immobile oggetto dell'ordine di demolizione, non può essere superata dal fatto che la stessa costruzione, avente una volumetria complessiva di 1.800 mc. sia in concreto suddivisa in più unità abitative, autonome tra loro.
Gli Ermellini specificano, infatti, come è essenziale che la cubatura sia considerata rispetto al limite massimo consentito dalla legge per l'intero edificio di cui quella singola porzione faccia parte: non basta quindi che la singola unità non ecceda i 750 mc., ma occorre che, globalmente considerato, l'intero edificio che ospita quelle singole unità non superi quei limiti massimi.
In conclusione la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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