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Compenso avvocati: non spetta, se la procura non è conferita dal rappresentante dell’ente

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Con l'ordinanza n. 31516 dello scorso 3 dicembre, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso il diritto di un avvocato di ottenere il compenso dovuto per l'attività professionale svolta a favore di una Camera di Commercio, posto che la procura alle liti era stata rilasciata da un soggetto diverso dal Presidente dotato di poteri di rappresentanza esterna.

Si è difatti specificato che "il diritto al compenso dell'avvocato presuppone che il contratto professionale con la Camera di commercio, che si perfeziona mediante il rilascio della procura alle liti, sia idoneo a vincolare l'amministrazione. A tal fine, oltre a dover sussistere il requisito della forma scritta, occorre che la volontà dell'ente sia espressa da un soggetto munito dei poteri di rappresentanza".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'emissione di un decreto ingiuntivo nel quale veniva riconosciuto ad un legale il compenso ad esso spettante per alcune prestazioni di assistenza legale svolte in favore di una Camera di Commercio.

Il Giudice di pace rigettava l'opposizione proposta dalla Camera di Commercio, che aveva eccepito la nullità del mandato professionale, così confermando la condanna dell'ente al pagamento degli onorari maturati dal legale, pari ad euro 2352,80. 

La decisione veniva confermata in secondo grado dal Tribunale di Cassino, che riteneva valido il contratto di patrocinio: la procura era stata rilasciata dal Segretario generale che, dopo aver prontamente informato la Giunta circa l'opportunità di avviare il recupero forzoso dei crediti, riceveva esplicita autorizzazione dalla stessa Giunta.

In seconda istanza, si asseriva che l'eventuale nullità del contratto di patrocinio non ostava al pagamento del compenso in favore del difensore, che aveva comunque svolto l'attività difensiva.

Ricorrendo in Cassazione, la Camera di commercio evidenziava come il contratto professionale non poteva considerarsi perfezionato mediante il rilascio della procura ad litem, poiché il mandato non era stato conferito dal Presidente ma dal Segretario generale, che non è organo della Camera di commercio e non ha i poteri di rappresentanza dell'ente.

Alla luce di tanto si eccepiva che, a causa della nullità o inefficacia del contratto, nessun compenso poteva esser riconosciuto al difensore, fatta salva la possibilità di richiedere l'indennizzo per ingiustificato arricchimento.

La Cassazione condivide la doglianza del ricorrente.

La Corte premette che, ai sensi dell'art. 9 della legge 590 del 1993, gli organi delle Camere di Commercio sono il Presidente, il Consiglio, la giunta e il collegio dei revisori dei conti, secondo le rispettive competenze; al Presidente compete la rappresentanza dell'ente, i poteri di convocazione, la presidenza del consiglio e della giunta, con poteri sostitutivi di quest'ultima in caso di urgenza. 

Alla luce di siffatto assetto organizzativo, la procura ad litem doveva essere rilasciata dal Presidente, cui competevano i poteri di rappresentanza esterna, nessuna legittimazione potendo derivare dal fatto che, con Delibera di giunta, il Segretario generale fosse stato autorizzato ad intervenire nelle procedure esecutive nell'interesse della Camera di commercio.
Difatti, per derogare validamente all'art. 9, era necessaria un'esplicita previsione statutaria, specificamente attributiva di siffatto potere al Segretario generale, che tuttavia, all'epoca, non era stata adottata. Diversamente, la deliberazione con la quale l'organo collegiale dell'ente conferisce un incarico a un professionista, o ne autorizzi il conferimento, non costituisce una proposta contrattuale, ma spiega mera efficacia interna con funzione autorizzatoria.

Da ultimo, la Corte specifica che il diritto al compenso presuppone che il contratto sia idoneo a vincolare l'amministrazione, sicché, oltre a dover sussistere il requisito della forma scritta, occorre che la volontà dell'ente sia espressa da soggetto (o organo) munito dei poteri di rappresentanza: da ciò consegue l'erroneità dell'assunto del giudice d'appello secondo cui l'eventuale nullità (o inefficacia) del mandato non poteva gravare sul professionista, avendo questi comunque svolto l'incarico.

In conclusione la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altro Magistrato del Tribunale di Cassino, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. 

 

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