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Cinquant’anni fa “La strage di Piazza Fontana” “Lo spartiacque di un prima e un dopo”

rizzo

Non è facile districarsi nelle vicende, umanamente, e storicamente dolorose, che hanno interessato il guazzabuglio delle responsabilità, delle sentenze prima di condanna e poi di assoluzioni, di personaggi che hanno contrassegnato le pagine più nere del terrorismo che ha infettato gli ultimi cinquant'anni della nostra storia.

E ancora oggi si fa fatica a spiegare ai giovani cosa sia successo, prima e dopo, quel tragico venerdì 12 dicembre 1969 alle ore 16 e 37 alla Banca dell'Agricoltura di Piazza Fontana a Milano con i suoi 17 morti; 18 se mettiamo nel conto anche l'anarchico Giuseppe Pinelli, volato dalla finestra della questura di Milano. Prima accusato di aver collocato la bomba all'interno della Banca, dopo assolto per non aver commesso il fatto.

"La madre di tutte le stragi" fu la definizione unanime di tutti gli organi d'informazione dell'epoca.

"Il 2 DICEMBRE 1969 segnò uno spartiacque nella vita italiana degli ultimi quattro decenni. Per tanti aspetti si può parlare di un prima di piazza Fontana e d'un dopo piazza Fontana. La strage della Banca dell'Agricoltura, con i suoi diciassette morti e i molti feriti, non fu la più atroce tra quelle che insanguina il Paese. Ma fu - perché diede l'avvio a questi gesti di cieca ferocia, e perché le indagini ebbero un andamento zigzagante, e altalenante contraddittorio - una sorta di freccia avvelenata nel corpo della società italiana. Dei tossici che entrarono in circolo e di cui il Paese non riuscì più a liberarsi. Essi attizzarono tutte le polemiche che alimentarono la mala pianta del terrorismo. (Montanelli – Cervi, "Storia d'Italia. L'Italia nel Novecento", Fabbri Editori, Milano, 2001. 

Ci sono poche interpretazioni, diverse, sul "prima". Moltissime sul "dopo", anche perché le bombe esplose, gli omicidi commessi dalle diverse organizzazioni eversive, di destra e di sinistra, sono ancora in attesa di conoscere sia i mandanti, sia, soprattutto le implicazioni politiche, e di potere, che hanno puntualmente depistato ogni tipo di indagine che avrebbe dovuto portare a risultati positivi.

Per ciò che riguarda il "prima", l'ex magistrato Ferdinando Imposimato, lo fa risalire alla strage di Portella della Ginestra, 1° maggio 1947, ad opera della banda di Salvatore Giuliano. E per la ridda di ipotesi, per i depistaggi, per i fantasiosi racconti sulla morte del bandito di Montelepre la sua ipotesi ci sembra quanto mai credibile e supportata da argomenti validi.

Imposimato, nel suo libro, "La Repubblica delle stragi impunite", Newton Compton Editori, del 2013, al primo capitolo, "Gli albori della strategia della Tensione. Portella della Ginestra, 1° maggio 1947", scrive: "Nelle tante ricostruzioni delle pagine più oscure della recente storia del nostro Paese, di solito si fa risalire l'origine della cosiddetta 'strategia della tensione"'ai tardi anni Sessanta e soprattutto ai Settanta. In questa sede, invece, vorrei spiegare perché, a mio avviso, la sua radice vada individuata già nel banditismo di Salvatore Giuliano, grande sostenitore della separazione della Sicilia dall'Italia e della sua annessione agli USA, come si evince da una lettera, scritta in un incerto italiano, inviata dal bandito a un non precisato giornale cittadino…". La lettera spiega la strategia del bandito affinchè la Sicilia possa diventare uno Stato americano, dopo i dovuti passaggi per staccarla dall'Italia. 

Come si vede, la storia dovrebbe insegnare qualcosa, invece non è sempre così.

La cultura secessionista ha parecchi risvolti. Ma lo scopo rimane identico.

Ieri l'altro avevamo il leghista Umberto Bossi a reclamare la secessione della Padania dall'Italia. Ieri, il leghista Matteo Salvini, predicava la necessità di staccare l'Italia dall'Europa.

Ma torniamo al "dopo" 12 dicembre 1969.

Ci furono depistaggi in modo tale che emergesse fin dai primi momenti la "pista anarchica" con gli arresti degli anarchici Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda, un ballerino di compagnie di avanspettacolo.

Dopo molti processi, alla fine nel 2005 la Cassazione condanna definitivamente i neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura vengono riconosciuti colpevoli per la strage, però non risultano più processabili in quanto erano stati assolti per lo stesso reato nel 1977.

Una brutta storia. E dire che questo caso poteva essere subito risolto.

Infatti il 15 dicembre 1969, un professore di francese, Guido Lorenzon, amico di Giovanni Ventura, si reca dai giudici e riferisce che l'amico gli aveva confidato di essere stato lui a mettere la bomba alla Banca dell'Agricoltura di Milano. Non solo non venne creduto, ma si buscò anche una denuncia per calunnia da parte di Ventura.

Poi arrivarono puntualmente le stragi e gli omicidi eccellenti di politici, magistrati, operai

Dalla morte dell'editore Giangiacomo Feltrinelli il 14 marzo 1972, alle stragi di Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio e del treno Italicus il 4 agosto nel 1974; dal rapimento,16 marzo 1978, e l'uccisione il 9 maggio, di Aldo Moro, alla strage della Stazione di Bologna, 2 agosto 1982; dall'attentato del generale Carlo Alberto della Chiesa, 3 settembre 1982, agli attentati del 1992 che provocarono al morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Tanto per citarne solo alcuni.

Alcuni processi, ripetuti più volte con sentenze quasi mai univoche, si sono sempre trovati davanti il muro invalicabili del ruolo dei nostri servizi segreti. Che rappresentano, comunque, un potere. Un potere occulto che solo una Paese coeso potrebbe riuscire a sconfiggere.

Ma il nostro è un Paese coeso, capace di porsi degli obiettivi condivisi?

Una bella domanda che rimane ancora in attesa di risposte certe. 

 

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