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Con la sentenza n. 11410 dello scorso 26 novembre, il TAR del Lazio – pronunciandosi sulla domanda avanzata da una madre contro un provvedimento prefettizio che le negava la possibilità di aggiungere il suo cognome a quello, di origine paterna, assegnato al figlio – ha specificato che in presenza di disaccordo tra i coniugi nell'esercizio dei poteri rappresentanza del minore per il compimento di atti civili (tra i quali rientra il cambiamento del cognome), non è il Prefetto l'autorità competente ad adottare le determinazioni ritenute più idonee a curare l'interesse del figlio, bensì l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 320 e 316 c.c.
Il caso sottoposto all'attenzione dei giudici amministrativi prende avvio dal ricorso di una madre contro il decreto prefettizio con cui veniva respinta la sua domanda volta ad ottenere l'aggiunta del cognome materno a quello paterno già attribuito al proprio figlio.
La donna, nel chiedere l'annullamento del surriferito decreto, esponeva che – a seguito della separazione con il suo compagno, padre del bambino – il Tribunale per i Minorenni di Roma aveva disposto l'esercizio congiunto della potestà genitoriale, fermo restando il collocamento del minore presso la madre; il padre del minore, conosciuta l'istanza della donna volta ad ottenere l'aggiunta del suo cognome al bambino, proponeva formale opposizione all'istanza di cambiamento del cognome.
La Prefettura – considerata l'indispensabilità di ottenere il consenso di entrambi i genitori al fine dell'accoglimento della domanda e rilevando che, nel caso di specie, non ricorresse un'ipotesi di decadenza dalla potestà genitoriale né altre comprovate peculiari circostanze familiari – con il gravato decreto respingeva la domanda della donna.
La madre, proponendo ricorso al Tar, censurava il decreto, a suo dire illegittimo per violazioni procedurali: eccepiva, infatti, che l'Amministrazione non le aveva consentito di conoscere le ragioni dell'opposizione del padre e che erroneamente si era ritenuto, ai fini dell'accoglimento della domanda, indispensabile il consenso dell'altro genitore.
Con la sentenza in commento, il Tribunale Regionale rigetta la domanda, ritenendola infondata.
Il Giudicante ricorda che la legge (art. 6 c.c.) al fine di salvaguardare l'interesse pubblico alla certezza dello status ed all'agevole individuazione delle persone consente i cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, nei soli casi e con le formalità previste dalla legge ordinaria; l'art. 89, comma I, D.P.R. n. 396/2000 stabilisce che le variazioni del cognome vanno richieste con domanda al prefetto, esponendo le ragioni a fondamento della richiesta.
Sul punto, la giurisprudenza ammette che la domanda volta alla rettifica del cognome possa essere proposta anche sulla scorta di intenti soggettivi ed atipici, l'importante è che gli stessi siano meritevoli di tutela e non contrastanti con il pubblico interesse alla stabilità ed alla certezza degli elementi identificativi della persona (Cons. St., n. 5021/2013); di contro, proprio in considerazione della salvaguardia dell'interesse pubblico alla tendenziale stabilità del nome, il diniego ministeriale di autorizzazione al mutamento del nome si atteggia come provvedimento eminentemente discrezionale, sindacabile dal giudice, sotto il limitato profilo della manifesta irragionevolezza delle argomentazioni amministrative o del difetto di motivazione ( Cons. St., n. 2320/2006).
I giudici rilevano come, nel caso di specie, l'impugnato provvedimento prefettizio – motivando il diniego sulla base dell'opposizione del padre – non sia affetto da alcun vizio manifesto.
Infatti, la richiesta del cambiamento di cognome, in ipotesi di soggetto minorenne, deve necessariamente provenire dai soggetti esercenti la potestà genitoriale.
Nel caso in cui vi sia accordo tra i medesimi trovano applicazione i principi affermati dalla Corte Costituzionale nella decisione n. 286/2016 (allorquando, anche sulla scorta della giurisprudenza europea, si affermò l'illegittimità costituzionale – per violazione dei valori costituzionali della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi – delle norme che non consentivano ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno), sicché deve senza dubbio essere riconosciuta la possibilità di aggiungere al cognome paterno anche quello materno.
Viceversa, in caso di disaccordo dei coniugi, i principi di cui alla citata sentenza della Corte Costituzionale non sono immediatamente applicabili: ai sensi dell'art. 320 c.c. , nel caso di esercizio congiunto della potestà genitoriale, i genitori esercitano congiuntamente i poteri di rappresentanza dei figli in tutti gli atti civili; la richiesta di modifica del cognome del figlio minore, integrando un "atto civile", può essere presentata dai genitori solo nell'esercizio della rappresentanza legale che trova la sua fonte e disciplina nell'art. 320 c.c., così che deve ritenersi imprescindibile il consenso di entrambi i genitori.
In caso di disaccordo, l'art. 320, comma 2, c.c., rimanda all'art. 316 c.c., il quale, per il caso di contrasto su questioni di particolare importanza, prevede la possibilità, per ciascuno dei genitori, di ricorrere senza formalità al giudice civile.
Ricostruito il quadro normativo, la sentenza in commento rileva come il Prefetto correttamente abbia respinto la richiesta della madre, in quanto in presenza di disaccordo tra i coniugi nell'esercizio dei poteri rappresentanza del minore per il compimento di atti civili (tra i quali rientra il cambiamento del cognome), non è il Prefetto l'autorità competente ad adottare le determinazioni ritenute più idonee a curare l'interesse del figlio, bensì l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 320 e 316 c.c.
Di analogo tenore è la circolare ministeriale n. 15/2008 la quale, in armonia con i sopra affermati principi, prevede espressamente che l'istanza di cambiamento di cognome per conto del minorenne debba essere presentata da entrambi i genitori in quanto esercenti la potestà genitoriale; nel caso in cui l'istanza sia presentata solo da un genitore, deve essere necessariamente "accompagnata dal consenso dell'altro genitore"
La circolare, inoltre, contempla, due ipotesi eccezionali in cui l'istanza può essere positivamente valutata dal Prefetto ancorché presentata da uno solo dei due genitori: l'ipotesi di perdita della potestà genitoriale da parte dell'altro (che non ricorre nel caso di specie), e l'ipotesi di istanza motivata sulla base di peculiari circostanze familiari, adeguatamente comprovate, tali da arrecare pregiudizio o danno al minore (ipotesi questa che, con motivazione esente da vizi di legittimità, il Prefetto non ha ritenuto ravvisabile nella mera circostanza dell'esistenza di una situazione conflittuale tra i genitori del minore); all'infuori di tali casi, il Prefetto non può accogliere la domanda di modifica del cognome senza il consenso dell'altro genitore.
In ragione del chiaro quadro normativo, il Tar respinge il ricorso, compensando le spese di lite tra le parti.
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