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Con la sentenza n. 131 del 31 maggio 2022, la Corte Costituzionale, dopo aver esaminato le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano l'attribuzione del cognome ai figli nel nostro ordinamento, ha dichiarato l'illegittimità delle norme di legge dalla cui interpretazione, automaticamente, si attribuisce al nascituro il solo cognome paterno.
Difatti, gli articoli 237, 262, 299 del Codice Civile, l'art. 72 comma 1, RD n. 1238/1939, gli articoli 33 e 34 DPR n. 396/2000, nei giudizi promossi dai vari organi giudicanti, sono stati dichiarati illegittimi per contrato con gli articoli 2, 3, 117, primo comma della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
In particolare, l'articolo 262 comma 1 c.c. nella parte in cui prevede che il figlio assuma il solo cognome paterno e non quello di entrambi, nell'ordine concordato dagli stessi genitori; ed ancora nel caso di sentenza per l'attribuzione del cognome e nel caso di adozione.
In effetti, già con la sentenza 286/2016 i giudici aveva aperto alla possibilità di assumere, per i figli nati nel matrimonio il cognome della madre in aggiunta a quello paterno, sempre al fine di superare gli assolutismi e le rigidità del Codice civile e non solo, anche perché tale automatismo non si rinviene da norme specifiche, ma si desume dalle stesse disposizioni a partire dall'articolo 262 c.c..
Sin da allora si evidenziò il contrasto con alcuni diritti fondamentali, oltre al dovere di rispettare gli obblighi internazionali, iniziando dalla Convenzione di New York sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, ratificata nel 1985 dall'Italia ed ancora, il Trattato di Lisbona, sottoscritto dall'Italia che vieta le discriminazioni fondate sul sesso. In parte si era così posto rimedio alla condanna della Corte europea dei diritti dell'Uomo che ha considerato "discriminatoria verso le donne" e una violazione della Cedu, l'inesistenza di una deroga all'automatica attribuzione del cognome paterno.
Difatti, ciò è stato considerato lesivo e discriminante, poiché viola il principio di eguaglianza che, nell'interesse del figlio, deve portare alla condivisione della scelta del cognome, elemento fondamentale dell'identità personale.
Nelle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, viene specificato che l'automatica attribuzione del solo cognome paterno, "si traduce nell'invisibilità della madre" ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che "si riverbera e si imprime sull'identità del figlio".
Per la Corte, il cognome "collega l'individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis", "si radica nella sua identità familiare" e perciò deve "rispecchiare e rispettare l'eguaglianza e la pari dignità dei genitori".
Attraverso la dichiarazione di illegittimità costituzionale, la Corte ha stabilito che il cognome del figlio "deve comporsi con i cognomi dei genitori", nell'ordine dagli stessi deciso, in quanto sarebbe in contrasto con i principi costituzionali invocati impedire "ai genitori di avvalersi, in un contesto divenuto paritario'', dell'accordo , che diventa quindi imprescindibile, per rendere un unico cognome segno identificativo della loro unione, capace di farsi interprete di interessi del figlio.
La regola generale diventa, quindi, l'apposizione di entrambi i cognomi nell'ordine dagli stessi concordato, tranne nel caso in cui la decisione di entrambi sia di attribuire un solo cognome.
Sarà ora il legislatore a dover valutare la peculiarità di alcuni casi, o ancora, quando venga meno l'interesse del soggetto, in quanto un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle, potrebbe per esempio non coincidere, con la soluzione più opportuna nell'interesse del minore.
Cosa succede se non c'è accordo tra i genitori?
Sarà come sempre il Giudice a dover intervenire in caso di loro contrasto per le necessarie valutazioni.
In ogni caso è bene evidenziare come, ancora una volta, la Corte Costituzionale, ha in un certo senso preceduto il legislatore, segnando la direzione da seguire, in tal caso indicando i principi da rispettare cui ci si dovrà adeguare.
Difatti, l'entrata in vigore è quella del giorno successivo alla pubblicazione della sentenza in GU, da quel momento i genitori dovranno provvedere nel modo indicato.
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Mi chiamo Elsa Sapienza, ho studiato legge e sono diventata avvocato nel 2008.
Da sempre appassionata del diritto di famiglia, ho compreso negli anni che non mi bastava occuparmi di studiare, interpretare ed applicare norme giuridiche, ma, nutrivo un sincero interesse verso la cura delle relazioni tra le persone. Così mi sono avvicinata sempre di più al mondo delle mediazione ed ho approfondito sempre di più le mie conoscenze in tale settore, divenendo prima mediatore familiare, poi mediatore civile e commerciale, penale e scolastico.
Ho fondato l’Associazione Logos Famiglia e Minori, oggi EOS, acronimo di educazione – orientamento – sostegno, affascinata dalla prospettiva di lavorare in sinergia con altri professionisti, offrendo un servizio a 360° alle persone bisognose di un valido supporto ed offrendo loro uno spazio – luogo dove sentirsi accolte e ascoltate attraverso un approccio multidisciplinare.
Sono avvocato specialista in diritto delle persone, delle relazioni familiari e dei minorenni, tutore e curatore speciale dei minori.
Ho frequentato il Master in Situazioni di Affido e Adozione, settore di cui mi occupo da molti anni anche grazie alle esperienze maturate all’interno del mondo dell’associazionismo. Amo fare passeggiate nei boschi soprattutto d’estate, il mare della mia splendida città e viaggiare!