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Chiarezza e sinteticità degli atti e riforma Cartabia. Nuovi limiti dal 1° settembre.

accordo

 Il legislatore della riforma Cartabia è intervenuto in materia di chiarezza e sinteticità degli atti processuali sia con disposizioni di carattere generale sia con disposizioni relative a singoli atti del processo.

Le ragioni sono volte ad accelerare i tempi della giustizia, a facilitare lo studio dei fascicoli ad opera del giudice e degli addetti all'Ufficio per il Processo che lo coadiuvano, a incentivare la collaborazione tra le parti e l'organo giudicante.

Tale principio, per molti, vale da sempre al di là del fatto che oggi sia stato espressamente inserito.

Quale quindi il senso della nuova prescrizione?

Occorre innanzitutto precisare che i due concetti della chiarezza e della sinteticità, sono distinti seppur connessi tra loro.

La chiarezza si ricollega alla comprensibilità dello scritto ed è chiaro che vada assicurata da tutti coloro che redigono atti processuali.

Per converso, la sinteticità può essere, anzitutto, intesa come non ridondanza negli atti o come criterio appunto per cui non è possibile superare un certo limite.

 L'art. 46 disp. att. c.p.c., ora rubricato «Forma e criteri di redazione degli atti giudiziari», al nuovo quinto comma dispone che il Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, stabilisce con decreto «i limiti degli atti processuali, tenendo conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti».

Trattasi di limiti in realtà quantitativi, come si evince dalla successiva precisazione.

Il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo».

L'art. 46 disp. att. c.p.c. termina con l'indicazione che il giudice redige gli atti e i provvedimenti nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo.

A differenza di ciò che accade per gli atti di parte, i doveri stilistici dei giudici non sono assistiti da sanzioni processuali.

Orbene il ministro della Giustizia Nordio ha firmato il decreto per cui a partire dal 1° settembre per i nuovi procedimenti varranno le nuove regole, resta invece ferma la possibile sanzione in caso di mancato rispetto.

Il giudice potrà tenere conto del mancato rispetto dei limiti, al momento della decisione della determinazione delle spese legali.

 Vi è da dire che il ministero ha rivisto i criteri sulla redazione e le dimensioni degli scritti, in quanto lo schema del decreto aveva suscitati non poche preoccupazioni tra gli avvocati.

La sinteticità degli atti riguarderà solo quelli relativi a controversie con un valore inferiore a 500 mila euro.

Quindi in tali cause, si passa da un limite di 50.000 a 80.000 battute e da 25 a 40 pagine per l'atto di citazione, il ricorso, la comparsa di risposta e la memoria difensiva.

Per gli altri atti del giudizio il tetto sarà fissato a 50.000 caratteri e verrà posto un limite di 20 parole chiave per identificare l'oggetto del giudizio.

Alcuni elementi come l'indice, la sintesi dell'atto e i riferimenti giurisprudenziali contenuti nelle note, non rientreranno nei suddetti limiti.

Vi è anche la possibilità di superare questi limiti nel caso di cause di particolare complessità ed in tal caso, l'avvocato dovrà spiegare le ragioni del superamento.

Infine, il decreto evidenzia che la presentazione di una domanda riconvenzionale o di un'impugnazione incidentale potrà giustificare un superamento ragionevole dei nuovi limiti.

 

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