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Avvocato e privacy. Quando è escluso il diritto all'oblio?

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Fonti: https://www.codicedeontologico-cnf.it/ ; https://www.garanteprivacy.it/

Il diritto all'oblio previsto dall'art.17 GDPR consiste nel diritto dell'interessato di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo con il conseguente obbligo del titolare del trattamento di cancellarli, se sussiste uno dei motivi previsti dalla norma stessa. Uno di questi motivi sussiste "se i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati" (art.17 Co.1 lett. a GDPR).

Ma che succede se per un avvocato sorge l'esigenza di richiedere la rimozione di determinati dati pubblicati su pagine web, perché quei dati siano ritenuti non più rilevanti o non più rispondenti ai requisiti necessari all'esercizio della professione forense?

Ebbene in questi casi le autorità richieste hanno provveduto a verificare la legittimità delle richieste di cancellazione.

Vediamo qualche esempio.

Cancellazione di dati anagrafici dall'Albo online

Sono stati sollevati dei dubbi sulla legittimità della richiesta di rimozione dei propri dati anagrafici (data di nascita, luogo di nascita e codice fiscale) dall'Albo online" del sito dell'Ordine degli Avvocati.

Con parere n.60 del 20 dicembre 2022 il Consiglio Nazionale Forenseha chiarito che l'indicazione di questi dati, che è prevista dall'art.2 D.M. n.178/2016 in attuazione dell'art.15 L. n.247/12, è funzionale a garantire la funzione di trasparenza e pubblicità connessa agli Albi nonché la corretta identificazione dell'avvocato, evitando ad esempio le implicazioni di eventuali casi di omonimia. 

 Ne discende, a parere del Consiglio, l'impossibilità di dare seguito alla richiesta di cancellazione di questi dati.

La rimozione dei dati reperibili nel motore di ricerca

Un altro caso è quello su cui si è espresso il Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento n. 373 del 14 ottobre 2021 [doc. web n. 9722934].

Nel caso di specie un avvocato ha stato presentato un reclamo per ottenere la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome di un URL recante il decreto di riconoscimento del titolo di "abogado", conseguito in Spagna.

A sostegno delle proprie ragioni il reclamante ha addotto che i contenuti della suddetta pagina web sono da considerarsi obsoleti e non rispondenti agli attuali requisiti di esercizio della professione forense dallo stesso posseduti, avendo egli superato l'esame di Stato presso una Corte d'Appello italiana. Conseguentemente i dati pubblicati e ancora disponibili online ingenererebbero nei visitatori un'inesatta rappresentazione della sua attuale figura professionale.

Per contro la società titolare del trattamento dei dati personali ha dichiarato di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione del reclamante, in quanto

  1. l'URL rimanda ad un decreto emanato dal Ministero della Giustizia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, avente ad oggetto il riconoscimento del titolo di studio estero abilitante all'esercizio in Italia della professione di avvocato,
  2. sussiste l'interesse della collettività alla reperibilità di informazioni riconducibili al ruolo ricoperto dal reclamante nella vita pubblica in qualità di avvocato.

 Sul punto il Garante ha rilevato che:

  • l'Url del quale il reclamante chiede la rimozione rinvia ad una fonte ufficiale che è volta a dare conoscenza di una circostanza oggettiva, consistente nell'avvenuto riconoscimento del titolo professionale ottenuto in Spagna,
  • tale informazione non aggiunge alcun elemento valutativo sulle professionalità o sulle capacità dello stesso;
  • il fatto che il reclamante abbia successivamente conseguito il titolo di avvocato anche a seguito del superamento dell'esame di Stato svolto in Italia, non incide in alcun modo sull'esattezza e sulla persistente esigenza di conoscibilità di una fonte ufficiale che dà conto di una circostanza oggettiva preesistente e non negata dal reclamante.

Il Garante è giunto a tale conclusione in considerazione del fatto che, ai fini della valutazione dell'esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all'oblio, occorre tenere conto, oltre che dell'elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali e dalle "Linee Guida" n. 5/2019 adottate dall'European Data Protection Board (EDPD) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l'applicazione del diritto all'oblio da parte dei motori di ricerca.

Per questi motivi il, Garante ha ritenuto il reclamo infondato.

 

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