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Fonte https://www.ilcaso.it/
Con sentenza n. 13606 del 16 Maggio 2024, la Cassazione civile, sez. III ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai compensi dovuti per l'attività professionale relativa alla formazione e notificazione di un atto di precetto soffermandosi sull'abusivo frazionamento dei crediti e sulla natura processuale delle spese aventi ad oggetto i compensi professionali dovuti al legale officiato per l'intimazione del precetto.
I fatti del processo
Due assicurazioni hanno proposto opposizione ex art.615 comma 1 c.p.c. avverso una serie di atti di precetto notificati da un'Associazione Professionale di avvocati sulla base di una serie di titoli esecutivi costituiti da decreti ingiuntivi divenuti definitivi.
L'opposizione inizialmente rigettata dal Tribunale, è stata parzialmente accolta in appello. La Corte d'Appello, infatti, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato sussistente il diritto dell'associazione creditrice di procedere ad esecuzione forzata, in base agli atti di precetto opposti ed ai titoli fatti valere, limitatamente alla sorta capitale oggetto di ciascun titolo, quali compensi professionali, e ne ha rideterminato l'importo.
L'associazione ha così proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione lamentando in particolare che la Corte d'appello avrebbe:
a) «riformato la sentenza rideterminando i compensi degli atti di precetto in assenza dello specifico motivo di appello»;
b) «applicato norme disciplinanti le spese processuali ad atti ed attività di natura stragiudiziale»;
c) «effettuato un "frazionamento di un compenso unico" in violazione dei criteri contenuti nelle norme del DM 55.2014, individuando importi - notevolmente inferiori ai minimi - lesivi della dignità e decoro professionale».
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto infondati i motivi di impugnazione.
In primo luogo la Corte ha rilevato che la ricorrente ha effettuato un abusivo frazionamento dei crediti derivanti da distinti titoli esecutivi. Secondo i giudici di legittimità, infatti, la ricorrente ha errato nel notificare una pluralità di atti di precetto in un contesto sostanzialmente unitario, laddove avrebbe potuto e dovuto notificare solo due atti di precetto, uno nei confronti di ciascuna società debitrice, per l'importo complessivo dovuto da ciascuna di tali società, in virtù di tutti i titoli esecutivi formatisi nei rispettivi confronti.
La Corte ha chiarito che il compenso per l'attività professionale relativa alla formazione e notificazione di un atto di precetto è previsto da una voce unica dalla tariffa forense, senza alcuna differenza in relazione al numero dei titoli esecutivi sulla base dei quali avviene l'intimazione. Ne discende che il numero di titoli esecutivi alla base dell'atto di precetto può avere un rilievo ai fini della determinazione del compenso, solo per determinarne l'importo tra i valori minimi e massimi previsti dalla indicata voce tariffaria, ma senza alcun automatismo.
Peraltro, la Corte ha evidenziato che le ulteriori attività professionali relative alla fase pre-esecutiva (es.: disamina del titolo esecutivo; notificazione dello stesso unitamente al precetto; esame delle relative relate; nonché ogni altra ulteriore attività del procedimento non indicata) non sono comprese nella voce relativa al compenso professionale dovuto per il precetto, ma nella voce relativa alla "fase di studio e introduttiva del procedimento esecutivo" (art. 5, lettere e ed f della Tariffa Forense). Ne consegue che queste attività non possono incidere sull'importo dovuto quale compenso per la voce relativa all'atto di precetto (n. 6 della tabella allegata alla Tariffa), cioè l'unico in relazione al quale la corte d'appello ha riconosciuto fondata l'opposizione delle società debitrici.
Pertanto i giudici di legittimità hanno affermato che
1) possono sempre essere oggetto di contestazioni da parte del debitore, con l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., per essere verificate e liquidate dal giudice in tale sede, e
2) anche in mancanza di qualsiasi opposizione, devono essere liquidate dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art.95 c.p.c., unitamente alle spese del processo esecutivo, sempre ed in ogni caso sulla base dell'applicazione delle tariffe professionali forensi.
Sulla base di queste argomentazioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
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Il mio nome è Anna Sblendorio. Sono una persona curiosa e creativa e mi piace il contatto con la gente. Amo dipingere, ascoltare musica, andare a teatro, viaggiare e passare del tempo con la mia famiglia ed i miei amici. Nel 2008 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e successivamente ho conseguito l'abilitazione per l'esercizio della professione da avvocato. Nel corso degli anni ho collaborato con diversi centri di formazione occupandomi di tutoraggio in materie giuridiche e nel 2022 ho iniziato a collaborare con la testata giuridica online www.retidigiustizia.it.