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Atto amministrativo illegittimo, CdS: senza impugnazione, P.A. nessun obbligo di autotutela

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 A fronte del rifiuto di provvedere in autotutela, il privato che omette di formalizzare tempestiva impugnazione del provvedimento lesivo e asseritamente illegittimo, vanta un interesse di mero fatto, non suscettibile, come tale, di tutela giurisdizionale.

Questo è quanto ha statuito il Consiglio di Stato con sentenza n. 6420 del 24 settembre 2019.

Ma vediamo nel dettaglio il caso sottoposto all'attenzione dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Nella fattispecie in esame, il Comune ha indetto una procedura concorsuale pubblica per il conferimento di quattro posti di dirigente economico a tempo indeterminato. Tra i requisiti di partecipazione è stato richiesto il possesso del "diploma di laurea specialistica in economia e commercio, economia bancaria, scienze statistiche, scienze politiche con indirizzo economico". L'appellante ha partecipato a tale procedura, nell'ambito della quale si è collocata al dodicesimo posto. In virtù di proroghe di legge succedutesi nel tempo per la validità delle graduatorie dei concorsi pubblici, il Comune ha ripetutamente attinto da queste per procedere a nuove assunzioni. È accaduto che la P.A. ha disposto, da ultimo, "l'acquisizione di sei unità di personale dirigenziale [...] previo scorrimento di graduatorie concorsuali pubbliche vigenti, individuate sulla base delle più rilevanti esigenze funzionali e organizzative". Di tali sei unità, due sono state riservate al posto di Dirigente Economico. Con l'ultimo scorrimento della graduatoria approvata con determinazione dirigenziale sono stati chiamati a ricoprire il ruolo di Dirigente Economico coloro che, già funzionari dell'Ente, erano collocati al nono e decimo posto. 

L'appellante lamenta che tali soggetti, essendo laureati in sociologia, sono privi dei requisiti richiesti dal bando. Ciò, a suo dire, determinerebbe l'illegittimità dell'atto di nomina. Per tale motivo, l'appellante ha diffidato il Comune a provvedere, in autotutela, all'annullamento delle (illegittime) assunzioni, con conseguente scorrimento della graduatoria a proprio favore. Stante l'inerzia dell'Amministrazione, ha adito il TAR «per censurare l'illegittimo silenzio-rifiuto, invocando ingiunzione a provvedere sull'istanza [...]». Quest'autorità giudiziaria ha respinto il gravame e così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

Ripercorriamo il suo iter logico-giuridico.

La decisione del CdS.

Ad avviso del Consiglio di Stato, l'appello è infondato.

Vediamo perché.

L'art. 21 nonies della Legge n. 241/1990 stabilisce che il provvedimento amministrativo illegittimo per violazione di legge o eccesso di potere o incompetenza può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico. Dal tenore di tale disposizione emerge con chiarezza che se il privato chiede alla P.A. di annullare d'ufficio un provvedimento, a suo dire illegittimo, la P.A. stessa non ha alcun dovere di esercitare un potere di autotutela, avendo detto potere una consistenza ampiamente discrezionale. In punto la stessa giurisprudenza ha evidenziato che «la formalizzazione, a opera di un privato, di un'istanza intesa alla sollecitazione dell'esercizio dei poteri di autotutela non è, di per sé, in grado di generare, in capo all'Amministrazione, un obbligo giuridico di provvedere, il cui inadempimento possa legittimare l'attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi antigiuridici» (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 2017, n. 5018; Id., sez. V, 22 gennaio 2014, n. 322; Id., sez. IV, 24 settembre 2013, n. 4714; Id., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6995). 

E ciò in considerazione del fatto che le sopravvenienze che obbligano la P.A. a rimodulare le decisioni amministrative sono quelle che hanno carattere oggettivo, non riferite alla posteriore o tardiva percezione della parte. L'interesse pubblico (rilevante, concreto ed attuale), infatti, che giustifica l'esercizio del potere di autotutela non deve rientrare nel dominio della parte privata, la quale, pur potendo sollecitare, nel suo interesse, la P.A. a modificare la decisione assunta, non vanta una pretesa giuridicamente titolata a provvedere. In tali ipotesi, l'interesse del privato è di mero fatto e come tale non assurge alla necessaria consistenza dell'interesse giuridico di pretesa. E ciò soprattutto ove il privato abbia omesso di formalizzare l'impugnazione tempestiva del provvedimento che ritiene viziato.

Tornando al caso in esame, a parere del Consiglio di Stato, la denunziata il illegittimità, ove mai sussistente, sarebbe esistita già al momento di definizione, con l'approvazione della graduatoria, della procedura concorsuale. Nel consegue che, in assenza di impugnazione formale della delibera di approvazione della graduatoria, l'appellante non avrebbe potuto pretendere l'esercizio del potere di autotutela da parte della P.A. e invocare la tutela giurisdizionale a fronte dell'inerzia di quest'ultima. E tanto anche se l'appellante solo successivamente avesse avuto contezza dell'illegittimità dell'atto amministrativo, In quest'ipotesi, secondo i Giudici amministratici la contezza successiva risulta essere una circostanza irrilevante.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il Consiglio di Stato, pertanto, ha rigettato l'appello, confermando la decisione del Tar. 

 

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