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Attività legale a favore di un comune senza convenzione scritta: quando si può agire con l’azione di ingiustificato arricchimento?

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Con l'ordinanza n. 10432 dello scorso 31 marzo, la VI sezione civile della Corte di Cassazione – pronunciandosi sulla richiesta di un legale di ottenere i compensi maturati per un giudizio svolto a favore di un ente locale, senza che fosse stato stipulato un regolare contratto – pur specificando che, in siffatti casi, il rapporto obbligatorio insorge direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l'amministratore o il funzionario inadempiente che l'abbia consentita, ha tuttavia lasciato impregiudicata la possibilità per l'amministratore di rivalersi verso l'ente pubblico per l'ingiustificato arricchimento conseguito.

Si è difatti specificato che "quando il professionista o il fornitore del servizio agisca contrattualmente in via principale nei confronti del singolo amministratore, la proposizione di tale azione – che può condurre a un risultato integralmente o parzialmente satisfattivo per le ragioni creditorie del privato professionista o fornitore – espone tuttavia l'amministratore condannato in proprio a un depauperamento patrimoniale che si correla a un arricchimento ingiustificato dell'amministrazione pubblica; cosicché si innesca in questo l'esigenza di tutela dell'amministratore, che può essere soddisfatta mediante la proposizione, in mancanza di altre azioni, proprio dell'azione di ingiustificato arricchimento verso l'ente pubblico, ex art. 2041 c.c. Diversamente, l'azione diretta di indebito arricchimento verso l'amministrazione locale è preclusa al professionista o al fornitore del servizio, il quale può agire contrattualmente in via principale nei confronti del singolo amministratore in ragione della costituzione ope legis del rapporto obbligatorio con lui". 

 Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un legale, volta ad ottenere il compenso, nei confronti di un sindaco ed un assessore, per le prestazioni giudiziali prestate a favore del comune su incarico della giunta non seguito da convenzione scritta.

I convenuti si costituivano svolgendo domanda di manleva o di arricchimento senza causa nei confronti del comune.

Il giudice di pace di Sapri dichiarava inammissibile le domande di arricchimento; la pronuncia veniva confermata dal tribunale di Lagonegro.

Il giudicante riconosceva che la prestazione del legale, per la quale era preteso il pagamento nei diretti confronti degli amministratori del comune, era stata attuata senza l'osservanza del procedimento formale e contabile previsto per l'assunzione di obbligazioni vincolanti per l'ente locale, con conseguente applicazione della disciplina di cui all'art. 191 del d.lgs. 267/2000.

In punto di diritto il Tribunale evidenziava come – posto che l'azione di restituzione dell'indebito presuppone il rapporto causale diretto e immediato tra il depauperato e il beneficiato, oltre che la mancanza di giustificazione causale dello spostamento patrimoniale – nel caso di specie difettasse l'impoverimento "ingiustificato" a carico degli appellanti, dal momento che questi erano stati condannati al pagamento delle spettanze dell'avvocato in virtù di una precisa giustificazione causale derivante dalla legge, in applicazione dell'art. 191 del d.lgs. 267/2000.

Gli amministratori comunali proponevano, quindi, ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c..

In particolare, i ricorrente si dolevano per aver il Tribunale contraddittoriamente escluso il fondamento della loro domanda non considerandola nei suoi veri presupposti, laddove – intervenuta la loro condanna in luogo del comune – quest'ultimo doveva ritenersi unico effettivo beneficiario della prestazione professionale.

La Cassazione condivide le doglianze sollevate dai ricorrenti.

 La Corte ricorda che in tema di assunzione di obbligazioni da parte degli enti locali, qualora le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto e senza l'osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, al di fuori delle norme cd. di evidenza pubblica, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l'amministratore o il funzionario inadempiente che l'abbia consentita; ma proprio per salvaguardare il principio di sussidiarietà dell'azione di ingiustificato arricchimento, la Corte costituzionale (sentenza n. 446-95) ha affermato che in linea generale ben sussistono in questi casi le condizioni affinché il funzionario (o amministratore) possa esercitare l'azione ex 2041 c.c. verso l'ente nei limiti dell'arricchimento da questo conseguito.

Difatti, quando il professionista o il fornitore del servizio agisca contrattualmente in via principale nei confronti del singolo amministratore in ragione della costituzione ope legis del rapporto obbligatorio con lui, la proposizione di tale azione – che può condurre a un risultato integralmente o parzialmente satisfattivo per le ragioni creditorie del privato professionista o fornitore – espone tuttavia l'amministratore condannato in proprio a un depauperamento patrimoniale che si correla a un arricchimento ingiustificato dell'amministrazione pubblica, per avere comunque codesta beneficiato di una prestazione patrimoniale senza corrispettivo; cosicché si innesca in questo l'esigenza di tutela dell'amministratore, che può essere soddisfatta mediante la proposizione, in mancanza di altre azioni, proprio dell'azione di ingiustificato arricchimento verso l'ente pubblico, ex art. 2041 c.c.

Diversamente, l'azione diretta di indebito arricchimento verso l'amministrazione locale è preclusa al professionista o al fornitore del servizio, il quale può agire contrattualmente in via principale nei confronti del singolo amministratore in ragione della costituzione ope legis del rapporto obbligatorio con lui.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come – diversamente da quanto ritenuto dal tribunale di Lagonegro – gli amministratori convenuti dal privato ben potevano esercitare l'azione di arricchimento onde essere tenuti indenne dall'esborso.

Alla luce di tanto, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata a rinvia al tribunale di Lagonegro anche per le spese del giudizio di cassazione.

 

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