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Assegno divorzile: va assegnato all’ex moglie che perde lavoro ed è depressa

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Con l'ordinanza n. 21140 depositata lo scorso 2 ottobre, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato l'obbligo di un uomo di versare un assegno divorzile all'ex moglie, la quale – dopo aver perso il lavoro ed essere rimasta inoccupata per parecchi anni, sebbene si fosse impegnata nella ricerca di un'occupazionenon aveva raggiunto l'autosufficienza economica, precipitando così inuno stato depressivo.

I giudici hanno valorizzato il dato per cui la donna aveva, di fatto, mezzi inadeguati per mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio: motivo, questo, sufficiente per disporre il diritto all'assegno, nonostante la diminuzione del reddito del marito.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Torino – pronunciando la cessazione degli effetti civili di un matrimonio contratto da una coppia di coniugi – nulla disponeva in merito all'assegno divorzile a favore dell'ex moglie.

A distanza di anni, l'ex moglie adiva nuovamente il Tribunale per ottenere la revisione delle condizioni di divorzio nei confronti dell'ex coniuge, deducendo come l'assegno divorzile le dovesse essere corrisposto.

A tal fine la donna allegava il netto peggioramento della propria situazione rispetto a quella sussistente al tempo della pronuncia della sentenza di divorzio, avendo perso il lavoro e non avendo trovato un nuovo impiego, con peggioramento dello stato di salute a causa di una forte depressione.

Il Tribunale respingeva la domanda, sul rilievo che non si fosse dimostrata l'impossibilità di conseguire un reddito utile a garantire un tenore di vita assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio. 

 Pronunciandosi sul reclamo proposto dalla donna, la Corte di Appello di Torino determinava l'assegno di mantenimento nella somma di Euro 200,00 mensili: i giudici di merito rilevavano come l'ex moglie aveva dimostrato di essere rimasta inoccupata pur avendo attivamente cercato lavoro e di aver subito un peggioramento dello stato di salute, laddove il marito non aveva allegato variazioni rilevanti rispetto alla situazione esistente alla data della sentenza di divorzio.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo denunciava violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 898/1970, per aver la sentenza impugnata ritenuto mutati i presupposti relativi al mantenimento della ex-moglie, sebbene non si fosse provato che lo stato ansioso di quest'ultima fosse invalidante.

In seconda istanza, il ricorrente deduceva l'omesso esame di fatti decisivi circa i presupposti della modifica del mantenimento, in quanto il giudice di secondo grado non aveva valutato correttamente i dati reddituali e patrimoniali delle parti, valorizzando invece il criterio del mantenimento del tenore di vita pregresso.

Da ultimo, si doleva per l'omessa considerazione della sua nuova situazione economica, avendo egli dimostrato il minor reddito percepito rispetto al divorzio.

La Cassazione non condivide le difese formulate dalla ricorrente.

La giurisprudenza ha precisato che spetta al giudice di merito il sindacato in ordine all'an del diritto, compiendo una valutazione incentrata sulla concreta possibilità del coniuge che chieda il mantenimento di procurarsi il reddito adeguato al proprio sostentamento.

 In particolare, l'attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva sopravvenuta possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte e ipotetiche.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini considerano inammissibili i motivi prospettati dal ricorrente in quanto gli stessi presuppongono una diversa valutazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità.

Inoltre, le doglianze dell'uomo – incentrate sullo stato di salute dell'ex moglie, sui dati reddituali e patrimoniali delle parti - non prendono minimamente in considerazione quanto accertato dai Giudici d'appello, che lungi dall'omesso esame di tali aspetti, ha ampiamente e diffusamente motivato la sua scelta.

La Corte di merito, infatti, dopo aver espressamente valutato l'impegno dell'ex moglie nella ricerca di un lavoro e le sue oggettive difficoltà nel trovare un'occupazione, essendo rimasta inoccupata successivamente all'età di 55 anni e avendo subito un peggioramento dello stato di salute a causa di un forte disturbo depressivo, ha reputato inadeguati i mezzi della donna, non condividendo la motivazione del Tribunale circa l'impossibilità per la signora di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento.

Alla luce di tanto, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione.

 

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