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Con la pronuncia n. 21353, la I sezione civile della Corte di Cassazione pronunciandosi sull'efficacia degli accordi presi dai coniugi in vista della separazione, ha statuito che anche dopo il divorzio l'ex marito è tenuto a rispettare l'accordo fatto in sede di separazione di versare un assegno all'ex moglie e ai figli per coprire le spese necessarie ad un nuovo alloggio, avendo la signora rinunciato alla casa familiare rimasta nella disponibilità dell'ex marito".
Nel corso del giudizio per separazione i coniugi addivenivano ad un accordo per separazione consensuale il quale prevedeva, tra le altre cose, l' affidamento dei figli alla madre, la rinuncia dei coniugi ad ogni reciproco mantenimento, la rinunzia della moglie all'assegnazione della casa familiare, l'obbligo del marito di versare un contributo "ordinario" pari a circa 250 euro per il mantenimento di ciascun figlio oltre ad un'ulteriore somma pari a circa 415 euro come specifico contributo alle spese locatizie a cui essi, con la madre, sarebbero andati incontro per effetto della rinunzia alla casa familiare.
A distanza di circa tre anni da tale accordo, marito agiva davanti al Tribunale di Modena per ottenere la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, chiedendo che i figli fossero affidati alternativamente al padre e alla madre per periodi successivi di due mesi ciascuno, durante i quali ognuno di essi li avrebbe autonomamente mantenuti, senza obblighi reciproci di versamento di alcuna somma a titolo di contributo di mantenimento e, quindi, con totale elisione di quanto pattuito tre anni prima.
Si costituiva in giudizio la moglie la quale insisteva per la conferma delle precedenti condizioni economiche, chiedendo inoltre l'elevazione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli sino a 400 euro per ognuno, con l'aggiunta di ulteriori 600,00 euro, quale contributo per le spese di abitazione.
Il Tribunale di Modena dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio e – preso atto che non era necessario provvedere né sull'affidamento della prole ormai maggiorenne né sull'assegnazione della casa coniugale oramai non più utilizzata come abitazione dei figli – stabiliva che il contributo per il mantenimento per ciascun figlio fosse elevato a 350 euro, fino al raggiungimento dell'indipendenza economica degli stessi, oltre al 50% delle spese straordinarie; veniva inoltre statuito che il marito versasse alla moglie un assegno di divorzio pari ad euro 500,00 mensili, per far fronte al costo abitativo che la donna si era trovata a sostenere in seguito alla rinuncia all'assegnazione della casa familiare e al venir meno, in ragione del divorzio, dell'efficacia degli accordi di separazione pattuiti a tale titolo.
Il marito,con ricorso depositato dinnanzi alla Corte di Appello di Bologna, impugnava la decisione del giudice di prima istanza limitatamente al capo relativo all'assegno di divorzio in favore dell'ex moglie, denunciando un vizio di ultrapetizione; resisteva la moglie che, con appello incidentale condizionato chiedeva che il complessivo mantenimento in favore dei figli fosse aumentato rispetto a quanto già riconosciuto dal Tribunale in misura tale da tener conto anche del ricordato fabbisogno abitativo o, in subordine, che le venisse riassegnata la casa familiare.
La Corte d'Appello di Bologna accertava la nullità della sentenza limitatamente alla statuizione del versamento dell'assegno divorzile per vizio di ultrapetizione e, per l'effetto, lo revocava, rigettando altresì tutte le domande formulate dall'ex moglie.
Quest'ultima, ricorrendo in Cassazione, rilevava che la Corte territoriale avesse errato in ordine al rigetto della domanda diretta ad ottenere un assegno di mantenimento più alto a favore dei figli: a sostengo del proprio assunto la donna evidenziava come siffatto assegno aveva il precipuo compito di riequilibrare le posizioni dei coniugi a seguito delle statuizioni prese in corso di separazione, allorquando la donna rinunciava all'assegnazione della casa familiare condizionando suddetta rinuncia al versamento, da parte del marito, delle somme necessarie per far fronte al costo abitativo di una casa in locazione.
La Cassazione condivide i rilievi sollevati dalla ricorrente, la quale – secondo gli Ermellini – ha ben valorizzato la ratio sottesa all'accordo intervenuto fra le parti in sede di separazione: in detta sede, infatti, il marito si impegnava a versare un contributo, a titolo di ulteriore concorso al mantenimento dei figli, per far fronte alla specifica esigenza della madre, genitore collocatario della prole, che rinunciando all'abitazione familiare avrebbe dovuto sostenere i costi legati alla locazione di una abitazione da adibire a nuova residenza familiare per sé e per i figli.
La sentenza in commento rileva, quindi, come la Corte Territoriale non abbia colto la reale volontà dei coniugi che, sotto forma di contributo per il mantenimento dei figli, volevano destinare l'importo quantificato anche al pagamento delle spese locatizie.
Sotto altro aspetto gli Ermellini evidenziano l'equivoco che poteva ingenerare l'erronea qualificazione operata dal giudice di primo grado, che statuiva il versamento di un assegno divorzile pari ad euro 500: siffatto assegno, lungi dall'assolvere alle finalità proprie dell'assegno divorzile, si giustificava quale "controvalore" del canone di locazione cui madre era tenuta per provvedere alle necessità abitative sue e dei figli sino al momento dell'acquisita indipendenza economica di questi ultimi.
Compiute queste precisazioni, la Corte ricorda che anche dopo il divorzio l'ex marito è tenuto a versare un assegno all'ex moglie e ai figli per coprire le spese necessarie ad un nuovo alloggio, così rispettando l'accordo fatto in sede di separazione.
In conclusione la Cassazione accoglie il ricorso e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.
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