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Accertamento a tavolino: nessuna violazione del contraddittorio per la società invitata a produrre documentazione

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Con la pronuncia n. 26641 dello scorso 25 giugno in tema di accertamento c.d. a tavolino, la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha precisato che tale accertamento ricorre anche nel caso in cui la società, su esplicito invito da parte dell'Amministrazione, produca documentazione contabile e fiscale, ribadendo che, in siffatte ipotesi, non è richiesta l'instaurazione di contraddittorio endoprocedimentale.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione – relativo ad una controversia su impugnazione di avviso di accertamento per IVA e IRES degli anni 2008 e concernenti fatture fittizie per somministrazione di manodopera – il legale rappresentante di una società era stato invitato a presentarsi per consegnare la documentazione contabile e fiscale del 2008; a seguito della documentazione prodotta, veniva emesso un avviso di accertamento.

La società impugnava l'atto dinnanzi alla Commissione Provinciale, prima, e a quella Regionale della Lombardia, dopo, lamentando la violazione del contraddittorio endoprocedimentale e delle tutele fissate dallo Statuto dei diritti del Contribuente; i giudici di merito, invece, rigettavano il ricorso affermando che l'accertamento era stato espletato correttamente perché il legale rappresentante della società, invitato a consegnare la documentazione contabile, ben avrebbe dovuto sapere che era in corso un controllo fiscale nei suoi confronti e che, a seguito della documentazione prodotta in relazione al questionario, poteva essere emesso un avviso di accertamento. 

Ricorrendo in Cassazione, la società sollevava questione di costituzionalità per violazione delle norme sul giusto procedimento e sul diritto di difesa, non essendo stato rispettato quanto previsto dall' art. 12 della legge 212 del 2000: in particolare, si denunciava la violazione del comma 7 (il quale prevede che, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori; l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine) argomentando che, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata, la garanzia del contraddittorio dovrebbe trovare applicazione anche nelle ipotesi di accertamento a tavolino.

La Cassazione non condivide le censure formulate dalla società.

I Supremi Giudici ricordano che il presupposto di applicabilità della norma – la quale enuncia "i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali" – è la presenza di "accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali", come lapalissianamente chiarito nel comma 1 del medesimo articolo 12: in tali circostanze, vi è l'autoritaria intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi a lui sfavorevoli, sicché tale situazione di svantaggio del contribuente è giustamente controbilanciata con la previsione ex lege di un contraddittorio endoprocedimentale al fine di correggere, adeguare e chiarire gli elementi acquisiti presso i locali aziendali. 

 Del tutto differente è, quindi, il caso di accertamento c.d. a tavolino, il quale ricorre allorquando l'amministrazione esamina nei propri uffici la documentazione spontaneamente consegnata dai contribuenti e, quindi, senza procedere ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio dell'attività commerciale.

Con la pronuncia in commento, gli Ermellini fanno rientrare a pieno titolo nell'ambito degli accertamenti a tavolino anche quello – verificatosi nel caso di specie – in cui la società è invitata a produrre la documentazione contabile e fiscale a seguito di notifica di invito da parte dell'Ufficio, potendo così prevenire e delimitare l'azione accertativa (sul punto, cfr. anche Cass. 6219/2018).

Anche per siffatte tipologie di accertamenti, secondo la Cassazione, non si applica la norma invocata a garanzia del contraddittorio, la quale – come statuito anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 187/2017 – trova il suo terreno elettivo unicamente laddove l'atto impugnato sia stato preceduto da un controllo fiscale con accesso, ispezione o verifica sui luoghi di riferimento della contribuente.

La sentenza in commento richiama anche l'orientamento da ultimo consolidatosi con la pronuncia n. 24823/2015 delle Sezioni Unite, secondo le quali, differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto: pertanto, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito (come nel caso delle ipotesi disciplinate dal sopra richiamato art. 12 comma 1 dello Statuto dei diritti del Contribuente).

Infine, i giudici specificano che – sebbene l'accertamento avesse avuto ad oggetto anche tributi armonizzati, quali l'IVA relativa alla somministrazione di manodopera – siffatta tipologia di accertamento ben poteva basarsi su verbali ispettivi di altri contribuenti, senza che per l'utilizzabilità dei medesimi fosse richiesta l'instaurazione di un preventivo contraddittorio (Cass. n. 17260 del 2017).

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