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Abusi edilizi: inammissibile la prova per testi sull’anno di costruzione del manufatto.

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Con la sentenza n. 3047/2024, la sesta sezione del Consiglio di Stato, nell'ambito di un procedimento volto all'annullamento di un ordine di demolizione emesso da un Ente Parco, ha dichiarato inammissibile la prova per testi richiesta dal ricorrente avente ad oggetto l'epoca di edificazione del manufatto abusivo.

Più nel dettaglio, la prova era stata richiesta al fine di dimostrare la realizzazione dell'immobile in epoca antecedente al 1967 e, in particolare, prima della data di entrata in vigore (corrispondente al 1° settembre 1967) della c.d. legge-ponte che ha introdotto l'obbligo generalizzato di preventivo titolo autorizzatorio per la realizzazione di opere in qualsiasi parte del territorio comunale e, quindi, anche al di fuori del perimetro del centro urbano (legge n. 765 del 1967).

Il Consiglio di Stato, dopo aver ribadito che l'onere di provare la data di realizzazione e l'originaria consistenza di un immobile di cui l'Amministrazione affermi l'abusività spetta a colui che ha commesso il contestato illecito edilizio - trovando applicazione, 

anche nel processo amministrativo, il generale principio desumibile dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento e, al contempo, chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda, sicché la parte che contesta la legittimità di un provvedimento amministrativo deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento – ha affermato che tale onere probatorio non può dirsi soddisfatto dal privato mediante richiesta di prova per testi, salvo che non si ravvisino sufficienti elementi indiziari che confermino la risalenza delle opere in data antecedente al 1967.

Secondo il collegio giudicante, il legislatore, con l'introduzione dell'art. 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, aggiunto al d.l. n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020 – il quale dispone che per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali - ha sostanzialmente disciplinato le modalità con cui l'onere probatorio suddetto può essere soddisfatto. 

In sostanza, in base a quanto desumibile dal testo del provvedimento, al fine di provare il carattere risalente di un manufatto di cui è ordinata la demolizione, e, dunque, al fine di poter escludere la necessità del preventivo rilascio del titolo edilizio per essere stata l'opera realizzata secondo il regime originariamente previsto dall'art. 31 della legge n. 1150 del 1942 (ossia prima della novella introdotta dall'art. 10 della c.d. legge ponte n. 765 del 1967), l'unico mezzo probatorio in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto è quello documentale (foto, estratti cartografici, atti pubblici e privati). 

 

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