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Manca la procura? Il giudice deve invitare la parte a sanare il vizio

Manca la procura? Il giudice deve invitare la parte a sanare il vizio

Con l'ordinanza n. 23353 dello scorso 24 agosto, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha cassato un decreto con cui si dichiarava inammissibile il ricorso proposto da un uomo, ravvisandovi un difetto di rappresentanza in capo al professionista che aveva sottoscritto il ricorso.

Si è difatti specificato che "l'art. 182 c.p.c. impone al giudice, qualora accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, di promuovere la sanatoria, assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc e senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali; tale potere-dovere del giudicante sussiste anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un uomo, nel 1992, dinnanzi alla Pretura Civile di Roma e concluso dal Tribunale di Roma il 24 febbraio 2012. 

 Stante l'irragionevole durata del processo, l'attore adiva la Corte d'Appello di Perugia per ottenere l'equa riparazione per l'irragionevole durata del giudizio civile di cui sopra.

La Corte d'appello di Perugia, con decreto, dichiarava inammissibile il ricorso proposto dall'originario attore, ravvisandovi un difetto di rappresentanza in capo al professionista che aveva sottoscritto il ricorso, evidenziando come la procura ad litem fosse stata rilasciata non a lui bensì ad una avvocatessa del medesimo studio legale.

Il ricorrente proponeva, quindi, ricorso in Cassazione censurando il decreto per vizio di violazione degli articoli 83, 85 e 182 c.p.c., per aver la Corte d'Appello dichiarato l'inammissibilità del ricorso senza aver previamente sollecitato la parte a sanare il vizio di rappresentanza.

La difesa del ricorrente evidenziava, inoltre, come la Corte d'Appello avesse errato nel non rilevare che dal ricorso emergeva il conferimento di un mandato ad litem ad entrambi gli avvocati.

La Cassazione ritiene che il ricorso sia fondato e meritevole di accoglimento.

La Corte premette che nel ricorso per Cassazione è inammissibile la censura riguardante l'interpretazione del mandato ad litem e, più specificamente, l'individuazione del legale a cui il cliente, sottoscrivendo il mandato steso a margine del ricorso, abbia inteso attribuire il potere di rappresentanza in giudizio: la procura ad litem, difatti, va interpretata, in relazione al contesto dell'atto cui essa accede, dal giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità mediante la mera denunzia dell'ingiustificatezza dei risultato interpretativo raggiunto.

Ciò chiarito, rimane comunque un onere del giudice di merito accertarsi della regolarità della rappresentanza in giudizio: l'art. 182 c.p.c., difatti, impone al giudice, qualora accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, di promuovere la sanatoria, assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc e senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali; tale potere-dovere del giudicante sussiste anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la Corte d'Appello, dopo aver rilevato il difetto di rappresentanza processuale del ricorrente, abbia errato nel dichiarare inammissibile il ricorso senza invitarlo a sanare tale vizio.

In conclusione, la Corte accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

 

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