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Con la sentenza n. 5036/2024, la sezione seconda del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, pronunciandosi in relazione all'avvenuto annullamento in autotutela di un permesso di costruire per intervenuta comunicazione antimafia, ha ricordato che, in presenza di una interdittiva antimafia, la revoca delle autorizzazioni commerciali di cui sia titolare il soggetto attinto dalla medesima costituisce per l'Amministrazione un atto dovuto.
Il Collegio ha, quindi, statuito che "L'annullamento in autotutela di un permesso a costruire, per intervenuta comunicazione antimafia, è un atto di ritiro vincolato ed accertativo della temporanea incapacità giuridica del soggetto ad essere destinatario di provvedimenti amministrativi ampliativi, che prescinde, dunque, dall'operatività dei presupposti nonché dei limiti applicativi dell'art. 21-novies della legge n. 241 del 1990. A seguito della comunicazione antimafia, la pubblica amministrazione non può, pertanto, rilasciare alcun titolo legittimante lo svolgimento di una qualsiasi attività economica o commerciale e, allorchè già emesso, è ineludibile il suo ritiro, stante la sua sostanziale incompatibilità con lo status di destinatario di una interdittiva antimafia".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, una società presentava istanza di permesso di costruire per lavori di demolizione e ricostruzione di un complesso immobiliare di natura residenziale. Rilasciato il permesso, la società avviava i lavori e provvedeva nei mesi successivi alla totale demolizione dei manufatti esistenti.
Successivamente, il Comune adottava il provvedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire per incapacità giuridica ex lege della società ad essere titolare di rapporti giuridici con la pubblica amministrazione, per comunicazione di interdittiva antimafia: secondo l'ente pubblico, la sussistenza di un'informativa antimafia costituiva una causa di incapacità giuridica del destinatario ad essere titolare di provvedimenti amministrativi ampliativi.
La ricorrente impugnava il provvedimento di annullamento in autotutela, deducendo profili di illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere alla luce dei differenti effetti delle comunicazioni antimafia e delle informative antimafia: secondo parte ricorrente, solo le prime potevano incidere su provvedimenti autorizzatori inerenti l'esercizio di attività economiche, mentre le informative antimafia avrebbero riguardato esclusivamente provvedimenti concessori, contratti e sovvenzioni.
Il TAR conferma la legittimità del provvedimento adottato.
Il Collegio ricorda che, a seguito dell'emanazione di una informativa antimafia, la pubblica amministrazione non può rilasciare alcun atto abilitativo per lo svolgimento di una qualsiasi attività economica o commerciale e, se è stato già emanato un atto abilitativo, deve esservi il suo ritiro, trattandosi di tipologie di atti i cui effetti sono radicalmente incompatibili con lo status di destinatario di una interdittiva antimafia.
Tali conseguenze decadenziali sulle autorizzazioni dei provvedimenti interdittivi antimafia discendono dall'esigenza di elevare il livello della tutela dell'economia legale dall'aggressione criminale, attraverso la sottoposizione a controllo sia dei rapporti amministrativi che danno accesso a risorse pubbliche, sia di quelli che consentono l'esercizio di attività economiche, ivi incluse le ipotesi di attività private soggette a mera autorizzazione.
La giurisprudenza, infatti, è pacifica nel ritenere che l'informazione antimafia produce i medesimi effetti della comunicazione antimafia anche nelle ipotesi in cui manchi un rapporto contrattuale con la P.A., come nel caso in cui si sia rilasciato un permesso di costruire.
Alla luce di tanto, il TAR respinge il ricorso, con compensazione delle spese.
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