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Il valore della domanda non funge da limite inderogabile per la liquidazione delle spese, come si desume a contrario dall'art. 91, ultimo comma, c.p.c. Tale norma è invocabile solo nelle cause proposte dinanzi al giudice di pace nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente in considerazione del valore della domanda, mentre non è applicabile nei giudizi di appello (cfr. Cass. 9059/2021; Cass. 9556/2014; Cass. 29145/2017).
Questo ha statuito la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10526 del 31 marzo 2022 (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).
Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa
Il ricorrente è un avvocato che ha convenuto in giudizio dinanzi al Giudice di pace i colleghi per sentirli condannare al pagamento di € 1.862,40, oltre interessi, a titolo di compensi professionali. In buona sostanza il ricorrente sostiene di:
I convenuti ritengono, invece, di aver incaricato il ricorrente per una semplice sostituzione in udienza, per cui nessun compenso avrebbe potuto essere riconosciuto a titolo di onorario. Sia in primo grado che in secondo, la domanda del ricorrente è stata rigettata in quanto i Giudici hanno ritenuto che nel caso di specie non sussistono elementi da cui desumere una prestazione più articolata della pura e semplice sostituzione in udienza. Ma vi è più. Il Tribunale ha compensato le spese processuali di secondo grado in misura di ¼ e ha ha quantificato l'importo residuo per un importo superiore al valore della domanda.
Il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità.
La decisione della SC
Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata è viziata. In particolare, denuncia, tra l'altro, la violazione di legge per aver la sentenza liquidato le spese processuali in un importo superiore a quello oggetto della domanda. In buona sostanza, il tribunale, disposta la compensazione delle spese di secondo grado in misura di ¼, ha quantificato l'importo residuo (pari a ¾), in € 2.095,88. Con la domanda riproposta in appello, è stato chiesto il pagamento di un importo superiore ad € 1.100,00, e quindi, ai sensi del D.M. 55/2014, secondo la Corte di Cassazione, correttamente il tribunale ha quantificato le spese in base ai valori tabellari medi dello scaglione per le cause di valore compreso tra € 1100,01 e 5200,00 (come si evince dai singoli importi riportati in sentenza), per attività di studio, introduzione, istruzione e discussione, con piena osservanza dei criteri legali, pur avendo riconosciuto un importo superiore al credito azionato.
Ad avviso dei Giudici di legittimità, il valore della domanda è un importo che non costituisce un limite inderogabile per la liquidazione delle spese. Questo limite:
In definitiva, al di fuori delle ipotesi cui si applica l'ultimo comma dell'art. 91 c.p.c., non sussiste il divieto di liquidare, a titolo di spese processuali, un importo superiore a quello oggetto di domanda, se giustificato dalla complessità della lite e delle questioni dibattute o dalla gravosità dell'impegno profuso dal difensore.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di Cassazione, ritenendo che il ricorrente sia stato officiato di una semplice attività procuratoria e che la liquidazione delle spese processuali sia stata corretta, ha respinto il ricorso.
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Il mio nome è Rosalba Sblendorio. Sono una persona estroversa e mi piace il contatto con la gente. Amo leggere, ascoltare musica e viaggiare alla scoperta delle bellezze del nostro territorio. Adoro rigenerarmi, immergendomi nella natura e per questo, quando posso, partecipo ad escursioni per principianti. Ho esercitato la professione da avvocato nel foro di Bari. Per molti anni ho collaborato con uno Studio legale internazionale, specializzato in diritto industriale, presso il cui Ufficio di Bari sono stata responsabile del dipartimento civile e commerciale. Mi sono occupata prevalentemente di diritto civile, diritto commerciale e diritto della proprietà intellettuale.