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Ultimissime sul dolo specifico nel reato di furto

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Con la recentissima sentenza in commento, la n. 5467 del 4 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha precisato l'estensione della nozione di dolo specifico.

Poi, tornando sul tema della natura della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ha ribadito come sia legittimo sollevare la richiesta di applicazione della causa di non punibilità in questione per la prima volta di fronte alla Corte di Cassazione solo nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata emessa prima dell'entrata in vigore della disposizione codicistica.

Nel caso sottoposto all'esame della Corte, i giudici di appello avevano derubricato il reato contestato da furto in abitazione a furto semplice.

Avevano poi condannato l'imputato ravvisando nel suo comportamento il dolo specifico richiesto ai fini del reato di furto.

Ricorreva in cassazione l'imputato lamentando la violazione delle regole sulla valutazione della prova, del principio dell'oltre il ragionevole dubbio e della correlazione tra accusa e sentenza. 

Chiedeva poi l'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p.

Procedendo secondo l'ordine dei motivi proposti dal ricorrente, la Corte interviene quindi a puntualizzare l'estensione della nozione di dolo specifico richiesta ai fini dell'applicazione dell'art. 624 c.p. ricapitolando i due indirizzi giurisprudenziali sul punto (quello estensivo e quello restrittivo).

Secondo la giurisprudenza che dà un'interpretazione più estensiva di dolo specifico "Il fine di profitto, in cui si concretizza il dolo specifico, non deve individuarsi esclusivamente nella volontà di trarre un'utilità patrimoniale dal bene sottratto, ma può anche consistere nel soddisfacimento di un bisogno psichico e rispondere, quindi, a una finalità di dispetto, ritorsione o vendetta".

Secondo un altro indirizzo invece "il fine di profitto, che integra il dolo specifico del reato, va interpretato in senso restrittivo, e cioè come possibilità di fare uso della cosa sottratta in qualsiasi modo apprezzabile sotto il profilo dell'utilità intesa in senso economico/patrimoniale".

Ciò posto, la Corte, pur ricordando come un'interpretazione eccessivamente estensiva potrebbe comportare l'annullamento della previsione normativa, che implica la necessità del dolo specifico, e della sua funzione di filtro, non dichiara di aderire né all'uno né all'altro indirizzo poiché ai fini del caso sottopostole ritiene che sia integrato il dolo specifico anche nella sua concezione più restrittiva, economico - patrimoniale. 

Risolto tale punto passa poi all'esame della richiesta di applicazione ex art. 131 bis c.p.

Anzitutto rileva come la richiesta sia di per sé legittima in quanto la sentenza impugnata è precedente all'entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ma al fine della concreta applicazione rileva come "l'applicazione dell'istituto nel giudizio di legittimità presuppone che le condizioni di applicabilità dello stesso non siano state escluse dal giudice di merito, in termini espliciti o impliciti, nella ricostruzione della fattispecie e nelle valutazioni espresse in sentenza."

Ne consegue che, nel caso di specie, stante le valutazioni svolte dal giudice del merito, ritiene che il fatto sia punibile stante l'assenza dei presupposti per la non punibilità per particolare tenuità del fatto. 

 

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