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Stipendi insegnanti italiani più bassi d´Europa, anche i coreani son trattati meglio, ecco i dati choc

Una inchiesta clamorosa, che sconfessa, d´un colpo e numeri alla mano, la soddisfazione della ministra all´indomani della sottoscrizione del nuovo contratto Istruzione ("Un buon punto di partenza") dimostrando che le retribuzioni percepite dagli insegnanti italiani sono le più basse d´Europa, e non solo. Ma non di piccole frazioni decimali. Quando si dice le più basse, è opportuno aggiungere enormemente più basse.
Ma i numeri sconfessano un altro luogo comune, quello secondo cui i docenti italiani guadagnerebbero meno in quanto il tempo da essi lavorato sarebbe minore degli altri. Considerazione falsa, non solo perché non include nel tempo lavorato quello utilizzato per gli incombenti ed adempimenti accessori, complementari e collegati, dalla correzione degli elaborati alla preparazione delle lezioni alla partecipazione agli organi collegiali, ma anche perché, numeri alla mano, il tempo lavorato dai docenti stranieri non è assolutamente dissimile rispetto a quello utilizzato dagli omologhi italiani. Con buona pace di chi tende a giustificare le diseguaglianze attraverso improponibili ed indimostrati parallelismi.
Lo dicono i numeri, freddissimi come glaciale è il rapporto presentato a Roma dal dipartimento conoscenza del maggior sindacato italiano, la CGIL, di cui ha offerto ieri un attento resoconto il più letto quotidiano, La Repubblica.
Per guadagnare quanto un collega d´Europa un insegnante di infanzia e delle elementari dovrebbe avere – domani - un aumento in busta paga di 455 euro il mese. Un professore delle medie dovrebbe veder crescere lo stipendio di 363 euro, il collega delle superiori di 439 euro. Servirebbero, solo per questo, 6,8 miliardi.
Il dossier presentato dal dipartimento dell´organizzazione sindacale, prevalentemente formato da addetti ai lavori, da docenti, è stato presentato in un convegno significativamente intitolato "La scuola che verrà". Un modo, qualcuno ha rilevato, per marcare la differenza rispetto al presente, e per sottolineare che, per passare ad un sistema virtuoso è necessario rompere ogni filo di continuità con un presente, da quasi tutti giudicato inaccettabile.
Il dossier si apre con una riflessione sul numero degli occupati nel settore scuola, dando atto che "si è transitati da un milione e 128 mila occupati nel 2008 (docenti, dirigenti scolastici, personale amministrativo) a un milione e 13 mila nel 2012 (115 mila persone espulse) per risalire a un milione e 116 mila nella stagione 2016 recuperando nelle ultime quattro stagioni quasi tutte le uscite delle precedenti quattro (il saldo negativo è di 12 mila unità)".
Ma, inutile nasconderlo, il dato che più è balzato all´attenzione dell´uditorio è stato certamente quello riguardante il trattamento retributivo degli insegnanti e "l´impietoso paragone con il resto dell´Europa avanzata".
Riportiamo:
"Quest´anno, febbraio 2018, è arrivato il rinnovo del contratto della scuola e ha consentito una leggera crescita delle buste paga: 96 euro l´aumento medio per un docente, 84,5 euro per un amministrativo. Sono però le comparazioni successive, queste tratte da "Education at glance" dell´Ocse, a lasciare addosso alla scuola italiana l´idea del disinteresse collettivo. Nei tre blocchi di carriera di un professore di scuola secondaria di primo grado (stipendio iniziale, dopo 15 anni di attività, al massimo dell´anzianità) l´Italia è sotto la media Ocse (i Paesi industrializzati) e sotto la media Ue a 22: nel salario d´ingresso siamo diciannovesimi dietro l´Irlanda (prima nazione è, nettamente, il Lussemburgo, quindi Svizzera e Germania, quinta la Spagna). Nella progressione della carriera ci superano altri dieci Paesi (Giappone e Corea, ma anche Costa Rica e Colombia)".
Ma non basta: "Il successivo rapporto Ocse, illustrato dalla Flc Cgil, dice ancora che tra il 2010 e il 2015 in Italia – lo abbiamo visto - gli stipendi di un docente (scuola secondaria di primo grado con 15 anni di servizio) sono diminuiti e dice poi che in Francia, Giappone e Belgio hanno conosciuto una perdita meno consistente, mentre in Gran Bretagna, Scozia, Austria, nella Finlandia presa sempre ad esempio scolastico, ovviamente in Grecia sono decresciuti maggiormente. Ci sono nazioni che hanno continuato a investire, anche durante la crisi economica, sulla loro classe docente: in Ungheria (straordinariamente), quindi in Israele, Turchia, Portogallo, Germania, in Corea, Danimarca, Norvegia e Spagna.
In Italia un docente di scuola primaria con 15 anni di servizio guadagna un terzo esatto in meno di un laureato in altro settore.
Un professore delle medie inferiori guadagna il 72 per cento, uno delle superiori il 76 per cento. In Germania il rapporto è uno a uno, in Spagna il livello medio delle retribuzioni scolastiche è lievemente superiore alla media degli altri laureati. Per arrivare agli stipendi Ue (a 22 Paesi) un docente d´infanzia ed elementari di una scuola italiana dovrebbe conoscere un aumento di 455 euro (il 20,5 per cento in più), un professore di medie dovrebbe veder crescere la busta paga di 363 euro (più 14,9 per cento) e uno delle superiori di 439 euro (più 17,6 per cento). Servirebbero, solo per questo, 6,8 miliardi (la Buona scuola, tra il 2015 e il 2017, ne ha investiti quattro)".
Fonte: La Repubblica, Corrado Zunico, 23 marzo 2018

 

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