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Con ricorso per Cassazione la difesa degli imputati chiedeva l'annullamento dell'ordinanza del riesame con la quale il Tribunale aveva confermato il decreto di sequestro probatorio del pubblico ministero.
Il P.M., infatti, ipotizzando il reato di turbata libertà degli incanti aveva sottoposto a vincolo cautelare numerosi documenti cartacei di natura tecnica e contabile, inerente all'attività economica svolta dalla società riconducibile agli indagati, una somma di denaro in contanti e copia dei file contenuti in server informatici e in pen drive.
Tra le tre doglianze mosse dalla difesa, merita soffermarsi su quella che deduce il vizio di mancanza di adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare rispetto alle esigenze di indagine.
Ricorda la difesa, infatti, come il "provvedimento [che] aveva avuto ad oggetto indiscriminatamente l'intera documentazione delle attività svolte dalla citata società fin dal 2013 e non anche quella specificamente riferibile all'unico reato contestato".
Con la sentenza in commento, la n. 43556 depositata lo scorso 24 ottobre, la Corte delinea i requisiti di adeguatezza e proporzionalità richiesti per la legittimità del provvedimento cautelare, giungendo con il proprio percorso argomentativo a estrapolare un principio comune alle misure cautelari reali e a quelle personali.
In particolare, la Corte ricorda come il principio espresso dall'art. 275 c.p.p., di proporzionalità e di idoneità della misura rispetto ai bisogni di accertamento dei fatti oggetto delle indagini, sia da ritenersi operante anche per le misure cautelari reali.
Ciò rende possibile affermare che è di certo illegittima, se non accompagnata da specifiche ragioni, una indiscriminata acquisizione di documentazione sia contenuta in archivi informatici che cartacei.
Questo perché il vincolo apposto non sarebbe proporzionato rispetto ai bisogni probatori, ovvero, non sarebbe altrimenti spiegata la ragione investigativa che giustifica un vincolo indiscriminato dell'intero materiale.
A tali fini, però, la difesa deve dare prova di un concreto ed attuale interesse alla esclusiva disponibilità dei relativi dati sequestrati.
Nel caso sottoposto al suo esame la Corte ha ritenuto che le doglianze della difesa rispetto al sequestro di materiale informatico fossero inammissibili proprio per la mancanza di prova del sopra richiamato interesse, mentre fossero da accogliere quelle riguardanti la documentazione.
Osservava infatti la Corte come il vincolo reale aveva avuto ad oggetto una massa indiscriminata di documentazione contenuta in numerosissime cartelle rinvenute nei locali nella disponibilità degli indagati, riguardanti anche dati strettamente contabili dell'azienda e i rapporti con i dipendenti.
Da ciò derivava la palese violazione degli indicati criteri di adeguatezza e proporzionalità del decreto di sequestro.
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Sono un giovane avvocato presso il foro di Siena.
Mi sono laureata presso l'Università degli Studi di Siena nel 2015 in diritto penale amministrativo e responsabilità degli enti giuridici (d.lgs. 231/2001).
Presso lo stesso Ateneo ho conseguito il diploma presso la scuola di specializzazone per le professioni legali nell'estate del 2017.
La mia passione per i viaggi e per la tutela dei diritti, mi ha portato più volte in Africa al seguito di progetti di cooperazione internazione insiema alla mia famiglia.
Amo leggere, studiare e mi interesso di tutto ciò che può essere chiamato cultura a partire da quella classica fino alle tematiche di maggior attualità.