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Con la sentenza n. 1416/2020, la III sezione del Tar Toscana Veneto ha confermato l'illegittimità di un permesso di costruire assunto in violazione della normativa regolamentare comunale inerente le distanze minime tra edifici, in quanto autorizzava la costruzione di una scala a distanza inferiore di 5 metri dal confine del vicino
Si è difatti rilevato che "rientrano nel concetto civilistico di "costruzione" le parti dell'edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati (cosiddetti "aggettanti"), che pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato. Ne deriva che, agli effetti di cui all'art. 873 c.c., la nozione di "costruzione", stabilita dalla legge statale, deve essere unica e non può essere derogata, sia pure al limitato fine del computo delle distanze, dalla normativa secondaria".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, il Comune di Vecchiano emanava dei provvedimenti di natura edilizia e paesaggistica con cui autorizzava a un cittadino la realizzazione di una strada privata, di un muretto divisorio realizzato in rilievo e di una scala a sbalzo nell'ambito di un immobile confinante con un terreno di proprietà del suo vicino.
Ricorrendo al Tar, il vicino impugnava il provvedimento amministrativo con cui si era autorizzata la realizzazione delle opere, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'articolo 873 del codice civile e del Regolamento edilizio comunale, sostenendo come il provvedimento autorizzatorio fosse contrastante con le sovraordinate norme citate.
In particolare, il vicino sottolineava e censurava l'illegittimità della scala per essere stata realizzata in violazione della distanza prescritta nel regolamento edilizio, pari a cinque metri dal confine.
Il Tar condivide la posizione del ricorrente.
Il Collegio premette che, in materia di distanze legali fra edifici, non sono computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano funzione meramente ornamentale o di rifinitura accessoria di limitata entità, come la mensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili; difatti, rientrano nel concetto civilistico di "costruzione" le parti dell'edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati (cosiddetti "aggettanti"), che pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato.
Ne deriva che, agli effetti di cui all'art. 873 c.c., la nozione di "costruzione", stabilita dalla legge statale, deve essere unica e non può essere derogata, sia pure al limitato fine del computo delle distanze, dalla normativa secondaria, giacché il rinvio contenuto nella seconda parte dell'art. 873 c.c., è limitato alla sola facoltà per i regolamenti locali di stabilire una distanza maggiore (tra edifici o dal confine) rispetto a quella codicistica
Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar evidenzia come la scala contestata risulti tamponata sul lato che si affaccia sul confine, così caratterizzandosi quale vera e propria costruzione ai fini del rispetto della distanze, con conseguente violazione dei limiti legali. Conseguentemente, il provvedimento impugnato risulta illegittimo, per aver autorizzato la realizzazione della scala sebbene la stessa non rispettasse la distanza di cinque metri dal confine prevista dal regolamento edilizio.
Alla luce di tanto, il Tar accoglie il ricorso e condanna il Comune alla refusione delle spese di lite.
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