I Fatti
La titolare di una farmacia veniva tratta in giudizio per avere posto in commercio, in data 21 settembre 2008, sostanze alimentari nocive (una confezione di latte in polvere per lattanti scaduta dal 16 luglio 2008). L´ accusa addebitava all´imputata la colpa consistita nell´omesso controllo della validità dei prodotti messi in vendita; tale omesso controllo sempre secondo l´accusa, avrebbe cagionato lesioni guaribili in otto giorni in danno del neonato cui era stato somministrato il latte in polvere suddetto. I genitori del bambino, dopo avergli somministrato il latte in polvere, avevano notato che lo stesso presentava dolori addominali e febbre, così decidevano di portarlo al Pronto Soccorso, ove veniva giudicato guaribile in otto giorni dai sanitari.
Il Tribunale, nonostante la mancanza di una prova sull´effettiva nocività del latte, in applicazione del principio dell´elevata probabilità logica e sulla base delle dichiarazioni dei genitori del bimbo e delle valutazioni espresse dai perirti della parte civile, dichiarava colpevole la titolare della farmacia condannandola alla pena di giustizia
Tale sentenza veniva però impugnata avanti la Corte di Appello e il giudice di secondo grado, ribaltando il giudizio emesso dal giudice di primo grado, assolveva l´imputata dai reati a lei ascritti ex artt. 444 e 452 cod.pen. (capo A) e 590 cod.pen. (capo B), proprio per la mancanza la prova del cattivo stato di conservazione del latte scaduto e della prova del nesso causale tra la sostanza ingerita e le lesioni procurate.
A questo punto le parti civili impugnavano con ricorso per cassazione ai soli fini civili, la sentenza emessa dalla Corte di Appello, proponendo due motivi:
Con il primo motivo i ricorrenti denunciavano il vizio di motivazione per non avere la Corte di merito articolato una motivazione rafforzata, a fronte dell´ampio percorso argomentativo seguito dal giudice di primo grado. Secondo i ricorrenti la Corte d´Appello non ha tenuto conto nella maniera adeguata che era stato accertato che il latte era scaduto da tre mesi e che il bambino era stato male subito dopo l´assunzione dello stesso. A fronte di ciò, nessuna rilevanza poteva essere data all´esito negativo della coprocoltura effettuata sul bambino.
Con il secondo motivo gli esponenti denunciano illogicità della motivazione muovendo proprio da quest´ultimo profilo, ossia dalla rilevanza interruttiva del nesso di causalità attribuita all´esito della coprocoltura.
Ragioni della decisione
Il primo motivo di ricorso é infondato.
Secondo i giudici di legittimità infatti la Corte di Appello, coerentemente al principio pronunciato dal S.C. con sentenza (Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679), ha delineato le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e ha confutato in maniera specifica i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza.
Infatti i giudici della Quarta Sezione hanno voluto evidenziare innanzitutto che la dicitura inserita nella confezione secondo cui il prodotto doveva essere consumato preferibilmente entro una certa data, non integra, ove la data sia superata, alcuna ipotesi di reato, ma solo l´illecito amministrativo di cui agli artt. 10, comma settimo, e 18 del D.Lgs. n. 109 del 1992 (cfr. Sez. U, Sentenza n. 1 del 27/09/1995, dep. 1996, Timpanaro, Rv. 203094; Sez. 3, Sentenza n. 30858 del 27/06/2008, Amantia e altro, Rv. 240755).
" La rilevanza penale della messa in vendita di sostanze alimentari nocive é legata non già al dato formale del commercio di alimentari la cui data di scadenza (o meglio, di preferibile consumazione) sia già spirata, ma - come correttamente messo in luce dai giudici peloritani - al dato sostanziale della pericolosità in concreto: ed invero, é costante la giurisprudenza di legittimità nell´affermare che il reato di commercio di sostanze alimentari nocive é reato di pericolo per la cui sussistenza é necessario che gli alimenti abbiano, in concreto, la capacità di arrecare danno alla salute (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 3457 del 19/12/2014, dep. 2015, Freda e altri, Rv. 262247; Sez. 1, Sentenza n. 3532 del 17/01/2007, Valastro, Rv. 235904). ".
Per ragioni analoghe é infondato anche il secondo motivo di ricorso, a sua volta teso a riproporre un´inammissibile rivalutazione del materiale probatorio
Per tali ragioni la Corte ha rigettato il ricorso proposto dalle parti civili e confermato la sentenza di assoluzione impugnata.
Si allega sentenza.