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Danno da demansionamento, lavoratore tenuto a fornire prova circa il nesso causale.

Nel caso di danno professionale, biologico o esistenziale dovuto a demansionamento il risarcimento del danno non avviene in maniera automatica incombendo sul lavoratore l´onere di mostrare effettivamente in che modo sia stato addetto a mansioni inferiori e comunque non idonee alle proprie capacità professionali, nonché il nesso causale tra il danno subito e la condotta posta in essere dal datore di lavoro.
Quanto detto è stato stabilito dai supremi Giudici di Cassazione, Sezione Lavoro, con la recente Sentenza n. 13484 del 2018, con la quale si precisa, appunto, che il detto danno non è risarcibile se non viene fornita una specifica prova da parte dell´interessato in ordine al nesso causale tra condotta ed evento.
In questa prospettiva la domanda risarcitoria avanzata dalle dipendenti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali veniva respinta dai Giudici Territoriali, conformemente a quanto statuito dai Giudici di primo grado, non ritenendosi sufficientemente provato il nesso causale tra l´evento e l´inadempimento del datore di lavoro, essendosi limitate le lavoratrici a mostrare il fatto in sé del demansionamento concretizzatosi in una e vera e propria inattività lavorativa, ma, non avendo le stesse assolto all´onere probatorio in ordine alla sussistenza del danno invocato, limitandosi le stesse a prospettare che l´inattività lavorativa, influendo negativamente sulle condizioni psichiche tanto da distoglierle dai loro interessi extra lavorativi, costituiva in re ipsa la ragione del malessere.
In tal senso si sono pronunciati anche i Supremi Giudici, chiamati a dirimere la controversia, che dando continuità ad un orientamento in tema di demansionamento ormai consolidato, affermano che il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può comunque prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo, dell´esistenza di un pregiudizio, oggettivamente accertabile, che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri dei ricorrenti, indotti a scelte di vita diverse nonché ad una diversa realizzazione della propria vita di relazione, sicché, non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore stesso l´onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con l´inadempimento del datore di lavoro.
L´oggettiva consistenza del pregiudizio derivante dal demansionamento (e il nesso causale) va, perciò, provato, dal lavoratore che ne domandi il risarcimento, anche, seguendo l´orientamento attuale meno rigoroso rispetto al passato, attraverso presunzioni semplici ove non possino fornire prove concrete ( cosa nel caso specifico non avvenuta).
I Supremi Giudici rigettano dunque il ricorso non accogliendo le doglianze dei dipendenti.
Si allega Sentenza.
Alessandra Garozzo
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