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La risoluzione del contratto di leasing

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In materia di leasing traslativo, è valida la clausola contrattuale che, a seguito della risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore, consenta al concedente di trattenere le rate scadute e future, purché sia detratto il valore di mercato del bene oggetto del contratto. 

Sempre nel caso di contratto risolto per inadempimento, è valido il patto di deduzione, ossia la clausola con cui i contraenti stabiliscono che il concedente detragga dal proprio credito il valore del bene. In tale circostanza, se il concedente ha già alienato l'immobile, il valore da sottrarre equivale al ricavato della vendita; mentre, nell'ipotesi in cui l'alienazione non sia ancora avvenuta, bisogna sottrarre il valore commerciale del bene. 

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 14 ottobre 2021 n. 28022, ha chiarito molteplici aspetti sulle problematiche relative alla risoluzione del contratto di leasing  per inadempimento dell'utilizzatore.

La vicenda tratta di una banca (cedente) che stipulava un contratto di sale e lease-back con una società (utilizzatrice) avente ad oggetto un bene immobile; tale specifico contratto è quel negozio in cui un'impresa vende un bene strumentale di sua proprietà ad una società finanziaria (concedente), la quale ne paga il prezzo (compravendita) e con il quale, la cedente, contestualmente, concede in locazione il bene alla venditrice (utilizzatore), dietro il pagamento di un canone periodico e con la possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto, per un prezzo solitamente molto inferiore al valore del bene (leasing traslativo).

Ritornando alla vicenda, dopo qualche anno, la cedente agiva in giudizio contro l'utilizzatore con due separati giudizi: 1) chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo per circa 3 milioni di euro a titolo di canoni rimasti insoluti; 2) domandava l'accertamento della risoluzione del contratto e otteneva la condanna al rilascio dell'immobile oltre al risarcimento del danno per inadempimento. 

La società utilizzatrice si opponeva al decreto ingiuntivo, sostenendo la nullità del contratto, in quanto dissimulante un patto commissorio; in via subordinata, domandava la riduzione della penale e, infine, lamentava la nullità del saggio di interessi moratori previsti dal contratto. Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di risoluzione del contratto venivano riuniti. Il tribunale dichiarava risolto il contratto per inadempimento e condannava la società utilizzatrice a rilasciare l'immobile; inoltre, rigettava l'opposizione a decreto ingiuntivo. La convenuta proponeva appello, ma veniva rigettato e quindi giunge in Cassazione.

Il ricorrente lamenta che la sentenza gravata gli abbia negato la restituzione dei canoni già corrisposti. Infatti, la regola generale dettata dall'art. 1526 c.1 c.c. dispone che, in caso di risoluzione per inadempimento del compratore, il venditore debba restituire le rate già riscosse, fatto salvo un equo compenso per l'uso della cosa oltre al risarcimento del danno. Nel caso di specie, la clausola contenuta nel contratto di leasing consentiva al concedente di trattenere le rate già riscosse, pretendere quelle ancora non scadute, ottenere la restituzione del bene, fatto salvo l'obbligo di defalcare dal proprio credito quanto ricavato dall'utilizzo del bene. Il ricorrente sostiene che tale patto sia nullo e lamenta, altresì, la mancata riduzione della penale da parte del giudice di merito.

l ricorrente considera nulla la clausola contrattuale che, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, consenta al concedente di trattenere le rate già versate e di pretendere quelle a scadere, oltre alla restituzione dell'immobile.

La Corte giudica infondata la doglianza e in tal senso, si sono espresse le Sezioni Unite, ribadendo che le parti di un contratto di leasing possono convenire che i canoni scaduti restino acquisiti al concedente e  possono stabilire che le rate ancora da scadere siano dovute a titolo di clausola penale, indicando però la somma ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto del contratto ovvero, in mancanza, allegare una stima attendibile del relativo valore di mercato all'attualità.

 

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