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Revoca permesso di soggiorno. Quando è necessaria una rivalutazione amministrativa?

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Con sentenza n.4467/2022 dell'1/06/2022 il Consiglio di Stato ha affermato che nel caso in cui, in un momento successivo al provvedimento di revoca del permesso di soggiorno sopraggiungano circostanze che, sebbene non inficino la legittimità del provvedimento di revoca, possano incidere significativamente sull'attuale situazione giuridica del richiedente, occorre che la P.A. effettui un'ampia rivalutazione delle suddette circostanze sopravvenute(fonte https://www.giustizia-amministrativa.it/).

Analizziamo la vicenda sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato.

I fatti di causa

L'appellante è un cittadino straniero residente regolarmente in Italia e in possesso di permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro, al quale è stato revocato il suddetto permesso dalla Questura a causa di una valutazione di pericolosità sociale. Ciò in quanto, poiché l'appellante è stato tratto in arresto in due occasioni, la Questura ha ravvisato il concreto pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli commessi.

Avverso il provvedimento di revoca l'appellante ha proposto ricorso dinanzi al Tar, il quale l'ha respinto, ritenendo che il provvedimento fosse legittimo in ordine alla valutazione della pericolosità sociale del soggetto.

Nelle more tra la definizione del procedimento amministrativo e l'instaurazione del processo dinanzi al Tar, sono intervenute due sentenze favorevoli all'appellante: la sentenza di assoluzione con formula piena per il primo reato ascrittogli e la sentenza di non doversi procedere per difetto di querela rispetto al secondo reato.

Conseguentemente l'appellante ha impugnato la sentenza del Tar dinanzi al Consiglio di Stato lamentando che il Giudice di prime cure non ha tenuto in considerazione la circostanza delle sopravvenute sentenze di assoluzione e di non doversi procedere.

Le P.A. resistenti si sono costituite formalmente in giudizio e la causa è stata trattenuta in decisione. 

 La decisione del Consiglio di Stato

In merito alla circostanza allegata dall'appellante, il Collegio ha evidenziato che le sentenze di assoluzione e di non doversi procedere sono intervenute successivamente all'adozione del provvedimento di revoca da parte della P.A., il che comporta due conseguenze:

  1. da un lato la legittimità del provvedimento di revoca impugnato, in quanto tale provvedimento è il risultato di una decisione maturata sulla base della valutazione di circostanze di fatto e di diritto esistenti nel momento della sua adozione in base al principio del tempus regit actum,
  • dall'altro la necessità di effettuare un'ampia valutazione di quelle circostanze che, sebbene non siano idonee a intaccare sfavorevolmente la valutazione amministrativa in quanto intervenute in un momento successivo alla valutazione stessa, possono incidere significativamente sull'attuale situazione giuridica dell'appellante, con la conseguenza che la loro mancata valutazione può comprometterla irrimediabilmente, arrecando un pregiudizio ai diritti fondamentali della persona umana.

Ciò in quanto i giudici amministrativi hanno ricordato che già da tempo è in atto una trasformazione del processo amministrativo "da giudizio amministrativo sull'atto, teso a vagliarne la legittimità alla stregua dei vizi denunciati in sede di ricorso e con salvezza del riesercizio del potere amministrativo, a giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata"; con la conseguenza che in questi casi il bene della vita da tutelare ha natura personale e che l'oggetto della valutazione giudiziale non può essere solo il provvedimento in sé, ma deve necessariamente avvolgere anche la situazione giuridica soggettiva pretesa.

 Nel caso di specie relativo alla materia dell'immigrazione, i giudici amministrativi hanno evidenziato, quindi, la necessità di una valutazione delle circostanze che si sono effettivamente concretizzate nelle more tra la presentazione dell'istanza e il suo esame da parte della P.A. da un lato e il giudizio dinanzi al Tar dall'altro, ossia:

- che i procedimenti penali per i due reati ascritti all'appellante si sono conclusi, con una pronuncia di assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste e con una sentenza di non doversi procedere per difetto di querela, 

- che il giudice penale ha sottolineato "il forte ridimensionamento di quanto denunciato" e l'assenza "di un quadro abituale a carico dell'imputato. Conseguentemente, a parere del Collegio, la sopravvenuta pronuncia di assoluzione, specie laddove essa intervenga con formula piena, impone una rimeditazione della decisione amministrativa alla luce di un quadro che risulta ormai completamente diverso in punto di fatto e di diritto.

Pertanto, alla luce delle suddette argomentazioni, il Consiglio di Stato ha affermato che l'Amministrazione nell'esercizio del suo potere, deve tenere in debito conto le circostanze sopravvenute che, anche se non conoscibili perché non esistenti al momento dell'adozione dell'atto, hanno comunque modificato la situazione giuridica dell'appellante e potrebbero, nel rispetto della normativa vigente e in concorrenza di ulteriori indefettibili presupposti, condurre ad una nuova valutazione e ad un differente esito procedimentale.

Conseguentemente il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso ai soli fini della rivalutazione sulla posizione giuridica dell'appellante.

 

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