Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Revoca permesso costruire, CdS: “Non sussiste legittimo affidamento nel caso di non veritiera prospettazione di parte”

facade-residential-building

Con la sentenza n. 688 dello scorso 29 gennaio, la sezione VII del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi sulla la natura "ragionevole" del termine dell'annullamento d'ufficio, intervenuto sei anni e sette mesi dopo il rilascio del permesso di costruire, ha confermato la legittimità di un provvedimento con cui veniva annullato in autotutela un permesso per costruire in ragione della difformità tra quanto assentito e dimezzato.

Si è difatti precisato che "la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte".

Il caso sottoposto all'attenzione del Consiglio di Stato prende avvio dall'adozione di un provvedimento recante l'annullamento in autotutela di un permesso di costruire e l'emissione di una successiva ordinanza di demolizione.

In particolare, si contestava al proprietario di un fabbricato di aver costruito in assenza dell'autorizzazione antisismica in sanatoria, nonché in difformità tra quanto assentito e quanto realizzato, di non aver rispettato le distanze tra i confini e le altezze massime consentibili, di non aver accatastato le opere, di non aver pagato gli oneri concessori. 

Ricorrendo al Tar, il proprietario dell'immobile eccepiva l'illegittimità di tale provvedimento di annullamento in autotutela, non essendo stato adottato nel rispetto di un termine "ragionevole" ai sensi dell'art. 21 nonies della legge 241/90.

Il T.A.R respingeva il ricorso, ritenendo legittimo il provvedimento di annullamento in autotutela in quanto sufficientemente motivato in relazione all'interesse pubblico ad esso sotteso; il Collegio riteneva inoltre che, secondo la normativa applicabile ratione temporis, l' annullamento era stato adottato nel rispetto di un termine "ragionevole" ai sensi dell' art. 21 nonies della legge 241/90.

Ricorrendo al Consiglio di Stato, il proprietario del fabbricato censurava la decisione del giudice di prime cure nella parte in cui aveva accertato la legittimità del provvedimento di annullamento del permesso di costruire, ritenendo – di contro – come il provvedimento fosse viziato per il "palese difetto di motivazione" sotto il profilo dell'interesse pubblico e della comparazione di quest'ultimo con l'interesse privato in considerazione del lungo lasso di tempo intercorso dal rilascio del titolo, ammontante a sei anni e sette mesi.

Il Consiglio di Stato non condivide le difese mosse dal ricorrente.

Il Collegio Amministrativo ricorda che, per consolidata giurisprudenza, l'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'adozione dell'atto di ritiro, anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole. 

 L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha precisato che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consuma il potere di adozione dell'annullamento d'ufficio e che, in ogni caso, il termine 'ragionevole' per la sua adozione decorre soltanto dal momento della scoperta, da parte del privato, delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo; in relazione all'onere motivazionale gravante sull'amministrazione, il medesimo onere risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati, al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell'esercizio del ius poenitendi.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio rileva come i sopra richiamati principi giurisprudenziali conducono alla valutazione d'infondatezza delle censure sollevate dal ricorrente.

Nel caso di specie, infatti, il potere di autotutela è stato esercitato alla luce della non veritiera prospettazione del ricorrente, con la conseguenza per cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione è stato soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte. Ciò incide anche sulla ragionevolezza del termine per l'annullamento, decorrente comunque dalla scoperta da parte dell'amministrazione della richiamata difformità, in ragione della rilevanza e della comparazione dei contrapposti interessi.

Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso.

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

CNF. La giurisprudenza in materia di obblighi fisc...
Imputato irreperibile: la prescrizione si proroga ...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito