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Con la recentissima pronuncia la n. 37146 depositata lo scorso 5 settembre i giudici di legittimità hanno precisato la nozione di abitualità per la applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
L'art. 131 bis c.p. infatti dispone che la punibilità di certe categorie di reati sia esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
Sul concetto di abitualità si è sviluppato ampio dibattito in ordine alla definizione e alla differenza pratica che sussiste tra abitualità e recidiva.
Nel caso sottoposto all'esame della Corte, la difesa dell'imputato chiedeva la censura della sentenza impugnata in quanto il giudice aveva errato nel negare l'applicazione dell'art 131 bis c.p. proprio avendo "confuso il presupposto ostativo della abitualità con quello della reiterazione della condotta illecita".
La Corte, richiamando i suoi precedenti, ha ricordato come lo stesso terzo comma dell'art. 131 bis c.p. indichi i parametri cui attenersi per escludere la non abitualità della condotta che, a parte l'eventuale riconoscimento di delinquente abituale, consistono nella commissione di più reati anche della stessa indole, ovvero nella realizzazione di ipotesi criminose caratterizzate dalla abitualità, dalla reiterazione e dalla pluralità delle condotte illecite.
Il comportamento è dunque abituale quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame.
La nozione di abitualità si distingue dalla quella di recidiva poiché ha una diversa finalità ed è soggetta ad un distinto apprezzamento da parte del giudice.
Ciò comporta che rilevino, ai fini di tale giudizio, anche le eventuali condotte criminose commesse successivamente al fatto per cui si procede, ma, precisa la Corte, nulla oppone che possa trovare applicazione anche in caso di reato continuato.
In quell'ipotesi si tratta infatti sì di più reati, ma legati tutti dal vincolo della continuazione: riguardano azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo di luogo e nei confronti della medesima persona, elementi da cui emerge una unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con la abitualità presa in considerazione in negativo dall'art. 131 bis c.p.
Nel caso oggetto di giudizio, la Corte ha evidenziato come i giudici di merito avessero concluso nel senso di ritenere che il fatto di per sé non presentava caratteristiche di modestia dell'offesa e di particolare tenuità della condotta, inserendosi in un contesto di detenzione ai fini di spaccio di quantitativi non modesti di sostanza stupefacente di diversa natura caratterizzati da una costanza e da una reiterazione di cessioni tali da connotare di gravità e offensività il proposito criminoso.
Con ciò ha respinto il ricorso anche sotto questo profilo.
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Sono un giovane avvocato presso il foro di Siena.
Mi sono laureata presso l'Università degli Studi di Siena nel 2015 in diritto penale amministrativo e responsabilità degli enti giuridici (d.lgs. 231/2001).
Presso lo stesso Ateneo ho conseguito il diploma presso la scuola di specializzazone per le professioni legali nell'estate del 2017.
La mia passione per i viaggi e per la tutela dei diritti, mi ha portato più volte in Africa al seguito di progetti di cooperazione internazione insiema alla mia famiglia.
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