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Quei crediti formativi svenduti come punti Miralanza. Alberto Pezzini: "Ecco il mercato delle vacche"

Alberto-Pezzini
Ho letto un articolo di Luigi Pansini su Guida al Diritto (n. 38).
Per chi non lo conoscesse parliamo del Segretario generale Associazione Nazionale Forense.
Il titolo è Sulla concorrenza squarciato il velo dell´ipocrisia.
 
Pansini sostiene che la legge sulla concorrenza ben venga in quanto la nostra legge professionale ha fallito.
Sono d´accordo con lui nel senso che noi avvocati siamo disciplinati da una legge inadeguata, che non ci tutela per nulla ma pensa soltanto a prevedere sanzioni ormai tipizzate dentro un codice deontologico sempre di più vicino e simile ad un aguzzo letto di Procuste.
 
In effetti, Pansini denuncia alcune mancanze della nostra legge.
Chi segue davvero i corsi ? Tanti li seguono soltanto per i crediti e basta, svenduti come i "punti Miralanza".
Perchè esistono tanti corsi a pagamento, aggiungo allora io?
Esistono studi legali che hanno perfino istituito delle fondazioni per farsi pagare i corsi facendoli apparire più titolati.
 
Fondazioni che si occupano sempre degli stessi argomenti. Fai un corso presso di loro una volta e li hai fatti tutti. Invitano sempre gli stessi relatori. I casi sono magari aggiornati ma le modalità sempre le stesse.
La specializzazione è una pia illusione. Basta sostenere un corso ed ottieni il titolo. A pagamento, s´intende. Il corso che ho sostenuto presso le Camere Penali Italiane era un master che si pagava caro e il titolo non sono neanche stato in grado di portarlo a casa.
 
Non perchè non abbia superato gli esami (che sono facillimi) ma perchè avevo totalizzato troppe assenze (non mi giustificarono neanche alcuni impegni professionali concomitanti).
Quello su cui non sono d´accordo è l´importanza marginale che Pansini riserva alla formazione continua, che secondo me non va tanto vista nel fatto di dover andare a sostenere un corso di aggiornamento quanto nel fatto di studiare più degli altri.
Non posso pensare che una legge sulla concorrenza sia deputata e delegata a colmare le lacune della mia legge professionale.
 
Tra la legge sulla concorrenza – che non dimentichiamo ha un´origine mercatoria – e quella professionale, in realtà doveva correrci un mare.
Non siamo idraulici, ma vedo che – in fondo – lo studio viene visto come un inutile appannaggio.
 
Temo che l´avvocatura stia correndo il rischio vissuto dall´Italia nel 1992.
La politica, in quanto marcia ormai ad un punto di fisiologica esplosione entropica, aveva delegato la sua funzione alla magistratura.
Sappiamo tutti che cosa ha combinato un fenomeno devastante come Mani Pulite dal quale ci siamo risvegliati euforici all´inizio ma poi semplicemente più depressi economicamente di prima.
Insisto sullo studio e traccio un altro paragone.
 
Ho parlato giorni fa – durante le elezioni dei consigli degli ordini – con un antico editore, amico di Alberto Moravia e Marta Marzotto. Questi mi diceva che l´assetto dei libri professionali, rispetto a trent´anni fa, è cambiato nel senso che sono venute ormai a mancare le biblioteche negli studi professionali.
 
Oggi, se proponi un commentario al fallimento del valore di 180 euro l´avvocato non lo compra, oppure lo acquista se in quel preciso momento ha una procedura per le mani e quindi risente della necessità di possedere un testo in materia qua.
Non è più come una volta quando gli avvocati compravano tutti i libri non per l´urgenza processuale del momento ma perchè quel tomo avrebbe fatto parte integrante della loro biblioteca di studio.
 
La differenza può sembrare soltanto economica ma non fatevi ingannare: non è che non acquistino il libro perchè i soldi sono di meno e se la necessità non è stringente, tanto vale non buttarli (non è solo questo).
In realtà è una differenza antropologica più profonda perchè un tempo gli avvocati cercavano di prevedere un futuro prima di tutto culturale ma anche produttivo e maggiormente organico.
 
Se possiedo una biblioteca più completa, sono già competitivo di mio.
Così, se oggi studiamo, non lo facciamo per affrontare il singolo processo o il singolo momento, ma per inseguire una prospettiva molto più lontana.
Infine, dire che il calo dei redditi nutre la nostra autocommiserazione e basta, equivale a non aver capito proprio niente di cosa stia accadendo agli avvocati oggi.
 
Studiare di più non è per mero snobismo intellettuale ma forse è l´unico modo per cercare di non pensare ai pochi soldi con cui una professione squalificata culturalmente e umanamente ci sta obbligando a convivere.
Leggete Fahreneit 451 dove le tre cose più importanti sono:i libri perchè sono prodotti di qualità (chiedete ai grandi scrittori), il tempo libero, ed infine il diritto di compiere azioni basate su quello che impariamo dall´interazione fra le prime due:"...Non c´è niente di magico nelle pagine in sé, la magia è in quello che dicevano (Pag. 82, Oscar Mondadori 2016, traduzione di Giuseppe Lippi, Ray Bradbury".
 
 

 

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