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Ricordando l'Avvocato Ettore Randazzo

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Anni fa presi parte ad un corso che si teneva a Siracusa, in Ortigia. Forse una delle più belle città al mondo, bianca come una perla dentro il mare. Con quelle piazze che sembrano disegnate e il cibo più gustoso mai mangiato. Era organizzato dal Lapec ed aveva come Nume Tutelare Ettore Randazzo. Il Lapec era il laboratorio forense migliore a cui un giovane avvocato potesse avvicinarsi per imparare cosa fossero davvero l'esame e il controesame. Durò due anni e forse tutto quello che c'era da imparare su quello che alcuni sbadati nominano ancora interrogatorio, l'ho imparato lì. Oggi sento parlare poco di Ettore e la cosa mi dispiace molto. Tutto il lavoro – mostruoso – fatto da lui, mi sembra sia stato dimenticato. Ettore era un avvocato come ce ne sono pochi. Con i suoi capelli bianchissimi, le Hogan immancabili e i suoi completi inappuntabili, sembrava uscito da una rivista di moda. Calmo, controllato, per me è stato un avvocato capace di gestire sempre la situazione.

Creò un laboratorio eccezionale a cui presero parte tutti, avvocati e anche magistrati. Ricordo Renato Bricchetti – che veniva sempre – o avvocati come Botti di Napoli, che solo a sentirlo parlare ti faceva amare la professione. In quei due anni ho imparato un sacco di cose. A non permettere ai giudici di interrompere l'esame che stai conducendo: forse la lezione più importante che abbia messo in cascina. Quante volte arriviamo all'esame e piano piano – o in maniera rapace – ci facciamo esautorare della nostra conduzione dell'esame da giudici troppo intraprendenti. Lì, in quelle sale che sentivano del mare, ho imparato forse a dire di no ai giudici quando travalicano i loro confini ed entrano nel mio. Ho visto un sacco di film, in quelle stanze. Tutti quelli che arrivavano dal Nord America e ci facevano comprendere cosa fosse un avvocato quando sta conducendo un esame. Codice d'onore con Tom Cruise e Jack Nicholson lo abbiamo visto e rivisto, analizzato e dissezionato manco fosse un corpo sul tavolo di marmo dell'anatomista.

Con Ettore era facile farlo. Era un uomo semplice ed amava circondarsi di giovani. Una scuola così ha creato poi degli epigoni ma pochi hanno saputo reggere il confronto, credetemi. Ho partecipato ad altri corsi ma erano pallide imitazioni. Lì ho conosciuto l'avvocatura meridionale, forse una delle più preparate d'Italia. I "terroni" che incontrai a Siracusa erano tutti cazzuti: avvocati non della Magna Grecia come disse Gianni Agnelli quando scalcinò in due parole la figura di Ciriaco De Mita negli anni che furono, ma Colleghi con un sogno addosso. Quello che gli aveva inculcato senza tregua Ettore Randazzo. L'avvocato – quando è in aula – deve essere più bravo di tutti: del Giudice, del Pm, degli imputati e dei testimoni. Se volete imparare come si conducono esame e controesame, pelo e contropelo, andate a vedere chi è stato Ettore Randazzo e leggete i suoi libri, come quelli di Bricchetti e della scuola del Lapec di cui oggi ho perso le tracce: sicuramente per colpa mia ma anche perchè Ettore se n'è andato troppo presto.

 

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