"Dicono che molte cose vanno male perché i giovani non hanno il coraggio per portarle avanti a costo anche di sbagliare. Ci sarebbe molto da discutere ma le colpe maggiori, se di colpe vogliamo parlare, sono dei "vecchi". Riteniamo che sia stato sufficiente averli cresciuti, fatti studiare, mantenuti e magari continuare a mantenerli, criticandoli perché non si arrangiano da soli, o tacendo sul come fare per farli uscire da questa precaria e a volte disperata situazione".
"C´è bisogno di un profondo esame di coscienza, dobbiamo riconoscere i tradimenti. Siamo poco abituati a denunciare i silenzi e la titubanza che spesso frenano le nostre azioni. Dobbiamo evolvere, la situazione attuale è sbagliata. Oggi metà dei giovani, forse due terzi, è senza lavoro e pochissimi hanno prospettive perché i vecchi non mollano, non lasciano spazio. Adeguarci al rinnovamento vuol dire essere fedeli alle logiche della natura. Dare un contributo personale e sociale. Tutti dobbiamo capire che si può pure parlare di leggi, si può discutere e criticare, ma se non si arriva a cambiare il cuore degli uomini ci sarà sempre chi bara sulle regole".
"Occorre una rivoluzione. Una buona, sana, autentica rivoluzione, culturale prima di tutto, che può venire soltanto dalle generazioni giovani. I vecchi, per loro natura, anche se la capissero, non la faranno mai".
"La prima rivoluzione va fatta con il rinnovamento personale, perché solo così si possono realizzare giustizia, solidarietà, onestà e trasparenza, senza condannare questi termini a essere solo slogan. Allora, se l´onestà è vivere il nostro quotidiano con l´attenzione al bene comune e se la trasparenza è la scelta di non camuffarsi, la decisione è di essere esempio. Fate politica, una buona politica, per aiutare chi la sta facendo: ce n´è ancora qualcuno bravo e onesto".
"Poi c´è bisogno di lavorare più che di perdersi in elucubrazioni, o nella rassegnazione. La rivoluzione, ovviamente, non deve essere sanguinaria, ma deve essere decisa e generosa. Per ultimo, anche se vale come primo, è che l´essere giovani va inteso come rinnovamento. C´è infatti un sommerso nella storia che nessuna regola riporta ed è il sommerso della Provvidenza, che qualcuno chiama fato, o destino, e che agisce con tempi e modi di cui noi non possiamo disporre".
"L´essere giovane, senza lavoro e senza avvenire, è diventato quasi una professione per niente benemerita. Al giovane infatti sta a cuore uno status di sopravvivenza, certo, ma il suo compito primario è la presa di coscienza dei suoi diritti e dei suoi doveri. Nella constatazione che il giovane oggi è considerato meno del lavoratore di sempre perché, nel "consumare per produrre e produrre per consumare" il giovane è un consumatore precario, non è tutelato, come lo sono i lavoratori, da un sindacato, vive ai margini".
"Al di là del nostro credo politico, economico, religioso, al di là delle ragioni e dei torti ci accumuni sempre, giovani e vecchi, un grande ideale: quello di costruire un mondo dove la speranza di riuscire a migliorare è più forte della paura di non farcela, dove fermarsi di fronte alle difficoltà è come arrendersi. Convinti i giovani, soprattutto loro, che all´occorrenza anche una rivoluzione - un´autentica e moderna rivoluzione - può essere considerata".
Fonte:
Invece Concita, Repubblica.it 23 sept