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Quando nel processo civile i rappresentanti rischiano la condanna personale alle spese del giudizio?

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Inquadramento normativo: Art. 94 c.p.c.

La condanna alle spese del giudizio dei rappresentanti e dei curatori delle parti: «Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell'intero processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita». Tale tipo di condanna è una misura eccezionale e può essere adottata solo ove ricorrono gravi motivi del legale rappresentante della parte avversa. In queste ipotesi, se è formulata una richiesta in tal senso dalla controparte, il rappresentante, pur non assumendo la qualità di parte necessaria del processo (Cass., n. 20878/10, richiamata da Cass. civ., n. 11194/2012), può intervenirvi:

  • «per sostenere le ragioni del rappresentato, assumendo la qualità di interventore adesivo dipendente:
  • per confutare la fondatezza della richiesta del proprio coinvolgimento nella condanna alle spese».

Proprio con riferimento a quest'ultima questione, per l'evidente diretto interesse, al rappresentante non può disconoscersi, nei limiti del suo coinvolgimento nella condanna alle spese del giudizio, la qualità di parte vera e propria (Cass. civ., n. 11194/2012).

E ciò in considerazione del fatto che la richiesta di condanna alle spese del rappresentante concerne una responsabilità processuale di quest'ultimo. Tale richiesta è, in buona sostanza, finalizzata a ottenere un'eventuale condanna in solido con la parte rappresentata, in favore dell'avversario vincitore. «Per tale motivo il rappresentante […] esplica, anche se in nome altrui, un'attività processuale in maniera autonoma». Ne consegue che anche nei confronti dei rappresentanti opera il principio generale della soccombenza (Cass. civ., n. 20878/2010).

La condanna alle spese del rappresentante sostanziale e del curatore e il potere del giudice: In punto di condanna alle spese di giudizio del rappresentante sostanziale o del curatore della parte, a differenza di quanto accade in caso di condanna per responsabilità aggravata della parte, il potere del giudice in riferimento ai gravi motivi su cui fondare detta condanna non è vincolato dalla formulazione o meno di una richiesta esplicita in tal senso (Cass., n. 3977/2003, richiamata da Corte d'Appello Venezia, sentenza 2 agosto 2018). Tale condanna, infatti, può essere pronunciata anche d'ufficio, senza un'espressa richiesta da parte dell'avversario (Cass. n. 3977/2003, richiamata da Cass. civ., n. 27475/2019). E ciò in considerazione del fatto che questa condanna inerisce «al potere - dovere del giudice di regolare le spese processuali sostenute dalle parti con la sentenza che chiude il processo davanti a lui» (Corte d'Appello Venezia, sentenza 1 agosto 2018). 

I gravi motivi che giustificano la condanna alle spese dei rappresentanti: Si ritiene che:

  • «il curatore dell'inabilitato non ha potere rappresentativo come i genitori o il tutore, né ha un proprio potere di iniziativa relativamente al compimento degli atti nell'interesse dello stesso inabilitato. Egli esplica solo una funzione di carattere ausiliario negli atti di straordinaria amministrazione, che l'inabilitato deve compiere con l'assistenza del curatore. Il curatore non è parte della lite promossa dall'inabilitato e può essere condannato in via diretta al pagamento delle spese solo ove ricorrono gravi motivi, da identificarsi dal giudice in modo specifico, per la loro concreta esistenza, nella trasgressione del dovere di lealtà e probità [...] ovvero nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata [...]» (Cass. n. 20878/2010, richiamata da Cass. civ., n. 27475/2019);
  • il rifiuto da parte dell'amministratore di sostegno della proposta conciliativa formulata dal giudice che si rivela vantaggiosa per l'amministrato, ove non sia assistito da una giustificazione oggettiva ed esponga l'amministrato a un maggiore esborso economico, configura un comportamento da ricondurre nell'ambito di una violazione del dovere di lealtà e probità. Ne consegue che l'amministratore di sostegno potrà essere condannato personalmente al pagamento delle spese del giudizio per gravi motivi (Tribunale Verona, sentenza 14 giugno 2016).

 

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