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Primario: rientra nella sua discrezionalità discriminare i medici a lui sottoposti

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Con la sentenza n. 844, il Tribunale di Varese, pronunciandosi sulla responsabilità penale di un primario accusato del reato di cui all'art. 81, 323, 572 c.p., per aver posto in essere diverse condotte, ritenute ostili nei riguardi di un medico della sua equipe, ha statuito che "va assolto l'imputato, primario di un'azienda ospedaliera, accusato per aver posto con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso in essere iniziative discriminatorie tendenti ad un demansionamento di fatto, nei confronti di un medico sottoposto qualora risulti che i comportamenti del primario siano stati eseguiti nell'ambito dell'uso corretto e regolare della sua facoltà discrezionale di scelta degli operatori".

Nel caso sottoposto alla sua attenzione, il Giudice di Varese ha analizzato l'illiceità penale della condotta serbata da un primario, imputato dei delitti di abuso d'ufficio e maltrattamenti per aver posto in essere, nella sua qualità di direttore sanitario dell'Unità Operativa di Cardiochirurgia, iniziative discriminatorie tendenti a demansionare "di fatto" un dirigente medico specializzato in cardiochirurgia presso il suo reparto, al fine di isolarlo ed umiliarne la professionalità (c.d. mobbing), arrecando allo stesso un ingiusto danno.

In particolare, la persona offesa aveva riferito che il primario, nell'ottica di un disegno criminoso volto a demansionarlo, aveva: drasticamente ridotto (da 86 a 20) gli interventi allo stesso affidati; lo aveva esautorato dal recarsi presso i vicini ospedali per effettuare consulenze cardiologiche come da sempre aveva fatto; lo aveva escluso dalla funzione di primo chirurgo reperibile a vantaggio di altri dottori con minore anzianità di servizio; aveva intrapreso alcune azioni disciplinari.

Il Pubblico Ministero chiedeva a condanna dell'imputato alla pena di anni 2 di reclusione.

Il Tribunale, con la sentenza in commento, lo ha assolto, non essendo stata raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sussistenza dei fatti contestatigli. 

Il Giudice, infatti, ha rilevato come le doglianze della persona offesa non corrispondessero a quanto effettivamente accaduto, essendo emerso – all'esito dell'istruttoria dibattimentale - l'esistenza di un clima, all'interno dell'Unità operativa di Cardiochirurgia, altamente teso, alimentato da atteggiamenti competitivi e scarsamente collaborativi dei medici: alla luce di tale situazione assolutamente caotica, confusionaria e alquanto problematica da gestire per il primario, si è escluso che le condotte poste in essere avessero un atteggiamento maltrattante nei confronti del dirigente medico.

In particolare, il primario si era ritrovato a gestire un reparto altamente problematico, mediando tra le innumerevoli tensioni, conflitti, inimicizie e turbolenze dei vari dirigenti medici i quali – a causa della troppa ambizione e con la volontà di "ingraziarsi" il primario – avevano, tra di loro, instaurato diverse cause giudiziarie, sia in sede civile che penale. Gli atteggiamenti di conflitto e scontro tra i medici del reparto, lungi dal poter essere ignorati dal primario, richiedevano una netta presa di posizione, volta a riportare, per quanto possibile, armonia all'interno del reparto; era quindi essenziale procedere ad una drastica riorganizzazione e redistribuzione di compiti e di prerogative per ciascun cardiochirurgo dell'unità.

Ne è derivato che si è proceduto ad una totale redistribuzione degli interventi chirurgici e delle attività di consulenza presso gli ospedali esterni, redistribuzione che ha interessato tutti i dirigenti medici e non solo quindi la parte offesa; le ragioni delle scelte decisionali operate dall' imputato, funzionali esclusivamente a migliorare l'organizzazione e la gestione del reparto, sono state reputate assolutamente prive di qualsivoglia finalità maltrattante o persecutoria nei confronti dei medici o della parte offesa. 

Analogamente, del tutto assente è stata, in tale riorganizzazione, la sussistenza di abuso di ufficio: le scelte operate dal primario, invero, hanno rappresentato una sua risposta ad un problema serio ed effettivo che l' imputato ha deciso di affrontare facendo uso del potere pressoché assoluto di organizzazione dell'attività lavorativa all'interno del reparto che la legge gli attribuisce; d'altra parte non è consentito al Tribunale in sede penale sindacare le scelte del dirigente (amministrativo) di un reparto ospedaliero, laddove fa uso di una discrezionalità tecnica che gli è attribuita dalla legge.

Il giudicante ha concluso affermando che le condotte censurate dalla persona offesa non costituiscono una condotta vessatoria e maltrattante, ai sensi dell' art. 572 c.p., ovvero una forma di abuso d'ufficio, ma sono frutto di scelte discrezionali che rientrano nei suoi pieni poteri e non integrano alcun abuso delle sue prerogative.

In relazione alle contestazioni disciplinari mosse alla persona offesa, il Tribunale di Varese ha evidenziato come, anche su questo aspetto, all'esito dell'istruttoria, fosse emersa l'assoluta assenza di qualsiasi persecutorio o mobbizante nei confronti del dirigente medico e che, di contro, l'imputato avesse agito nel pieno rispetto delle sue prerogative e nell'adempimento dei suoi doveri di primario del reparto.

In conclusione, il primario è stato assolto sul presupposto che ha correttamente agito in applicazione delle sue prerogative di medico primario riconosciutegli dalla legge e non potendosi ritenere raggiunta la prova che egli abbia posto in essere alcuna condotta maltrattante nei confronti della persona offesa. 

 

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