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Praticante Avvocato: i comportamenti che possono ingenerare erronei convincimenti

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L'inserimento nella carta intestata della dicitura "Studio Legale" da parte del praticante avvocato costituisce atto idoneo ad ingenerare nei terzi il convincimento di potersi riferire a un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense, inducendo pertanto in errore i clienti sui titoli del professionista (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 21 settembre 2007, n. 115). Alla stessa stregua può indurre in errore l'utilizzo della sigla "p. avvocato", quale abbreviazione di praticante avvocato.

Questo è quanto ha statuito il Consiglio nazionale forense (CNF), con decisione n. 90 del 13 giugno 2022 (fonte: https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2022-90.pdf).

Ma vediamo nel dettaglio la questione.

I fatti del procedimento

Il ricorrente è un praticante avvocato che ha visto accogliere dal COA la domanda dallo stesso presentata, previa dichiarazione di assenza di situazioni di incompatibilità, al fine di ottenere l'autorizzazione all'esercizio dell'attività professionale in sostituzione del dominus (cosiddetto "patrocinio sostitutivo"). Successivamente, il ricorrente è stato segnalato dal Tenente Colonnello dell'Aeronautica Militare in quanto lo stesso i) è risultato al contempo Maresciallo presso l'Aeronautica Militare; ii) ha inviato al Comando, a mezzo dell'indirizzo pec, diverse istanze relative a questioni di servizio, formalizzate su carta intestata "Studio Legale Militare – son la sigla P. Avv. ". Ricevuta tale segnalazione, il COA ha provveduto a trasmettere gli atti al CDD competente per ogni altra determinazione in ordine:

  • alla condotta serbata dal ricorrente in sede di presentazione della domanda di accesso al patrocinio sostitutivo, per aver omesso di segnalare di essere dipendente dell'Aereonautica Militare;
  • al contenuto della carta intestata dallo stesso utilizzata.

Nei confronti del ricorrente, pertanto, sono stati formulati i seguenti capi d'incolpazione:

  • illecito deontologico previsto dagli artt. 9, 35 n. 5 e 36 n. 1 C.D.F., perché nella carta intestata ha omesso di usare per esteso il titolo Praticante Avvocato, utilizzando il titolo di P. Avvocato, nonché il termine Militare riferito allo Studio Legale, senza avere conseguito la relativa specializzazione;
  • illecito deontologico previsto dagli artt. 9, 19, 71 n. 1 C.D.F. perché, in sede di richiesta di abilitazione al Patrocinio sostitutivo formalizzata al COA ha omesso di dichiarare la sua appartenenza alle FF.AA., e in particolare all'Aeronautica Militare, inducendo in errore il predetto COA in merito all'assenza di condizione di incompatibilità con l'iscrizione nel relativo elenco;
  • illecito deontologico previsto dall'art. 18, lett. d) L. n. 247/2012 perché, omettendo di dichiarare la sua appartenenza alle FF.AA., e in particolare all'Aeronautica Militare, ha ottenuto e mantenuto l'iscrizione nell'Elenco dei Praticanti abilitati al Patrocinio Sostitutivo.

All'esito del procedimento disciplinare, al ricorrente è stata irrogata la sanzione disciplinare della radiazione dal Registro dei Praticanti.

Avverso la decisione del CDD, il ricorrente ha proposto impugnazione dinanzi al CNF.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dall'autorità adita.

La decisione del CNF

Il ricorrente si duole, tra l'altro, dell'infondatezza degli addebiti disciplinari di cui al primo capo di incolpazione.

Di diverso avviso è il CNF. In particolare riferimento all'avvenuto utilizzo, da parte del ricorrente, del titolo "P. Avvocato" nella propria carta intestata – della quale lo stesso si è servito per inviare istanze, di carattere personale, al Comando dell'Aeronautica Militare presso cui prestava servizio, il CNF richiama il principio [...] secondo cui: "Integra illecito disciplinare la condotta del praticante avvocato che, anche nella propria corrispondenza, si limiti ad aggiungere l'inziale "p." alla parola "avvocato" trattandosi di informazione equivoca e comunque decettiva, cioè idonea a trarre in inganno o in ogni caso a fondare false aspettative, quindi non veritiera e non corretta" (v. ex multis Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 20 marzo 2014, n. 41). 

Tale condotta, a parere del CNF, non può essere giustificata neanche dal fatto che l'utilizzo dicitura "P. Avvocato" sia derivata da un mero errore materiale, commesso in buona fede. Infatti, l'obbligo di diligenza cui è sottoposto il praticante avvocato ai sensi degli artt. 2, comma 2 e 9 C.D.F, impone a quest'ultimo di controllare diligentemente anche la propria carta intestata, prima di farne uso verso il pubblico, come correttamente rilevato dal CDD nel provvedimento impugnato. Sussiste altresì illecito disciplinare con riferimento all'utilizzo, da parte del ricorrente, della dicitura "Studio legale Militare" nella propria carta intestata. Come già chiarito dal CNF in precedenti pronunce, l'inserimento nella carta intestata della dicitura "Studio Legale" da parte del praticante avvocato costituisce atto idoneo a ingenerare nei terzi il convincimento di potersi riferire ad un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense, inducendo pertanto in errore i clienti sui titoli del professionista" (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 21 settembre 2007, n. 115). Con riguardo all'utilizzo, da parte del ricorrente, poi, della specificazione "Militare" nella propria carta intestata, si richiama il principio secondo cui: "L'avvocato può indicare i settori di esercizio dell'attività professionale e, nell'ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, ma l'affermazione di una propria specializzazione presuppone l'ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario" (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 20 marzo 2014, n. 39). Orbene, nel caso di specie, la prova del conseguimento, da parte del ricorrente, del relativo diploma di specializzazione conseguito presso un istituto universitario, non è stata fornita.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il CNF ha affermato la responsabilità del ricorrente e ha rideterminato la sanzione disciplinare da infliggere all'incolpato. In buona sostanza, tenendo conto dei comportamenti posti in essere dal ricorrente e contestati allo stesso, il CNF ha reputato congrua e proporzionata l'applicazione della sanzione della sospensione per mesi 6 dall'attività di pratica forense. 

 

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Giuseppe Salvatore Spinello Benintende “Il Marches...
Giustizia e criticità.

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